Bruxelles – Il nuovo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea comincia nel segno di una nuova stretta sull’immigrazione irregolare. Complice il deciso spostamento a destra del baricentro politico nel Vecchio continente, una nuova formula ha fatto breccia nelle cancellerie europee: gli “hotspot esterni”, hub di rimpatrio al di fuori dell’Ue, in cui trattenere le persone migranti in attesa di risposta alle richieste d’asilo. Un’idea circolata tra gli Stati membri, di cui si è fatta ora portavoce von der Leyen: in vista del Consiglio europeo del 17-18 ottobre, la leader Ue ha spronato i capi di stato e di governo a “esplorare” la possibilità, traendo “insegnamenti dal protocollo Italia-Albania”.
Nella ormai consueta lettera sulla migrazione con cui aggiorna i leader alla vigilia di ogni vertice, la presidente della Commissione europea ha indicato dieci punti per “affrontare le nuove sfide e colmare le lacune che rimangono”. Prima di tutto accelerare l’attuazione del Patto sulla migrazione e l’asilo, approvato con tanta fatica all’inizio dell’estate, su cui i governi di Paesi Bassi e Ungheria hanno già fatto sapere di volere un’esenzione. Poi “continuare a siglare partenariati globali con i principali Paesi terzi“: il gold standard rimane il Memorandum con la Tunisia, nonostante le innumerevoli accuse di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza tunisine finanziate dall’Ue.
Ci sono poi la necessità di “avanzare in un approccio comune sui rimpatri“, di “accelerare l’uso dell’effetto leva attraverso le nostre politiche in materia di visti”, di contrastare la strumentalizzazione dei migranti soprattutto a Est e “rafforzare la sicurezza alle nostre frontiere”. Von der Leyen ha sottolineato inoltre le “sfide” derivanti dai conflitti in corso in Medio Oriente e in Ucraina.
La novità è però quel che riguarda la “progettazione di modi innovativi per contrastare la migrazione illegale”. Von der Leyen ha ricevuto la controversa proposta, avanzata da una quindicina di Stati membri (inclusa l’Italia), di creare degli hotspot esterni nei Paesi terzi vicini alle frontiere dell’Ue, dove processare le richieste d’asilo dei rifugiati. Ed è pronta a “riflettere sulle soluzioni operative che contribuiranno a contrastare l’immigrazione clandestina nel rispetto dei principi dell’Ue e degli obblighi derivanti dal diritto internazionale”.
In tal senso, la Commissione rivedrà “entro il prossimo anno il concetto di Paesi terzi sicuri designati”. L’idea che prende piede è quella di adottare per tutta l’Unione il “modello Albania” che sta sperimentando la premier Giorgia Meloni. “Con l’avvio delle operazioni del protocollo Italia-Albania, potremo anche trarre insegnamenti da questa esperienza pratica”, ha specificato von der Leyen nella lettera. Anche se il protocollo ha suscitato numerosi dubbi e critiche, in particolare a causa del possibile rischio di esternalizzazione degli obblighi in materia di asilo, contrario al diritto internazionale.
Nella bozza delle conclusioni del vertice dei leader, su cui sono ancora al lavoro i diplomatici dei 27 Paesi membri, si trova già la conferma del nuovo step verso una “fortezza Europa”. Il documento, che detta la linea politica del blocco Ue, sostiene che “dovrebbero essere presi in considerazione nuovi modi per prevenire e contrastare la migrazione irregolare, in linea con il diritto internazionale”.
Von der Leyen ha chiuso la sua lettera ai capi di stato e di governo Ue con un richiamo alla solidarietà e all’unità dello spazio Schengen, minato dalle continue sospensioni dei Paesi membri. “Il ripristino dei controlli alle frontiere dovrebbe essere una misura di ultima istanza, eccezionale e proporzionata alla minaccia individuata. Il nuovo Codice frontiere Schengen, entrato in vigore a luglio, specifica gli obblighi degli Stati membri di rispettare questi principi”, ha avvertito la leader Ue.