Dall’inviato a Strasburgo – Due ore di conferenza stampa, per preparare il terreno al suo intervento di domani (9 ottobre) davanti all’Eurocamera, in un dibattito che si preannuncia infuocato. Viktor Orbán ha tracciato la linea della presidenza ungherese del Consiglio dell’Ue, che deraglia completamente da quella tracciata finora da Bruxelles. Negoziati immediati con Putin per la pace in Ucraina, il rifiuto della politica comune sulla migrazione e l’accusa all’élite della bolla europea di lasciare fuori dai giochi di potere le forze sovraniste, in grande ascesa in mezza Europa.
All’incontro con la stampa non è mancato nulla, neppure l’irruzione di un giovane attivista ungherese che ha gettato delle banconote finte contro il premier magiaro, accusandolo di ricevere risorse direttamente da Putin e Xi Jinping, prima di essere vigorosamente scortato all’esterno dell’aula dalla sicurezza. L’uomo forte di Budapest si è fatto mettere sotto torchio dai giornalisti, riuscendo quasi sempre a fare quello che gli riesce meglio: rilanciare, nel tentativo di autodipingersi come il leader di un piccolo Paese e di una comunità trasversale di elettori, che viene sistematicamente censurato “dall’élite” di Bruxelles.
Prima la fotografia della situazione attuale dell’Ue: “gravissima”, perché c’è “una guerra in Europa” e “conflitti pesanti in Medio Oriente e in Africa di cui sentiamo le conseguenze”. E perché – nonostante i numeri degli ingressi irregolari nell’Ue nel 2024 raccontino un’altra storia – “la crisi migratoria ha raggiunto dimensioni mai viste prima”. Il quadretto si chiude con il nodo della competitività europea, in caduta libera. “Non lo dice la presidenza ungherese, ma Mario Draghi”, ha precisato Orbán.
Budapest, che detiene la guida semestrale dei Paesi membri al Consiglio dell’Ue, propone allora di cavalcare i suoi cavalli di battaglia: pugno durissimo sulla migrazione e riallaccio dei canali diplomatici con Mosca per mettere fine alla logorante guerra in Ucraina. Per Orbán la parola chiave è “hotspot esterno”, centri per i rimpatri al di fuori dei confini dell’Ue, perché “chi vuole entrare deve fermarsi al confine finché non ha ricevuto una risposta”. Lo slogan in pieno stile sovranista è fatto: “L’unico migrante che non resta qui è quello che non può entrare”. Con buona pace di chi denuncia le sistematiche violazioni dei diritti umani nei Paesi di transito, come in Libia e in Tunisia.
Sull’Ucraina, l’intenzione di Budapest è “concentrarsi sul cessate il fuoco il prima possibile“, come ben dimostrato dalle visite estive di Orbán a Kiev, Mosca e Pechino. E in Florida da Donald Trump, che se venisse rieletto presidente degli Stati Uniti “apriremo diverse bottiglie di champagne”, perché “agirà immediatamente per la pace in Ucraina”. Dopo i suoi colloqui con Putin e Xi Jinping, Orbán ha presentato alcune proposte ai capi di stato e di governo dell’Ue, “ma purtroppo non interessavano a nessuno”.
Secondo il premier filo-russo, Zelensky è “convinto che il tempo sia dalla sua parte” e “non è disposto a negoziare” con Putin. I 27 Ue dovrebbero allora “creare il contesto” per spingere Kiev a intraprendere negoziati. Se con questo Orbán intendesse rimettere in discussione il supporto militare all’Ucraina, il primo ministro ungherese si è premurato di non farlo sapere. “Chi vuole continuare a fornire le armi faccia pure”, ha glissato.
L’attacco di Orbán all’élite di Bruxelles: “Si troverà in minoranza”
Con notevole abilità Orbán è passato dall’Ucraina all’attacco frontale alle istituzioni europee e all’establishment politico di Bruxelles. “Pensiamo di avere una maggioranza morale, ma la maggioranza del mondo pensa il contrario e vuole un cessate il fuoco”, ha affermato. Compresi i cittadini europei, che “non sono d’accordo con la guerra, la migrazione, la politica economica dell’Ue”. Ma c’è un “élite, costituita dalla sinistra, dai liberali e dal centro-destra” che rimane arroccata nelle proprie torri d’avorio, “circondata da un anello protettivo”. E che – avverte Orbán – “si troverà in minoranza”.
Così, in un incredibile gioco delle parti di stampo pirandelliano, l’euroscettico Orbán, che pochi giorni fa a Pontida aizzava i fan leghisti a “occupare Bruxelles”, finisce a predicare “calma e buon senso”. Perché “è inaccettabile” che il suo gruppo politico, i Patrioti per l’Europa, sia escluso dalla maggioranza che orienta le scelte politiche dell’Ue, al Parlamento europeo così come nella Commissione guidata da Ursula von der Leyen. “In Ungheria – ha concluso Orbán – non è mai accaduto che il terzo partito più grande non riceva le competenze di cui avrebbe diritto”. In quell’Ungheria che tante volte lo stesso Orbán ha definito “democrazia illiberale”.