Ieri l’estrema destra austriaca ha vinto le elezioni politiche, nel senso che l’Fpo è diventato, largamente, il primo partito. Leggo però spesso che per descrivere quanto accaduto si scrive che un “partito populista” ha vinto le elezioni. Non sono d’accordo on questa definizione.
Intanto bisogna aver chiaro cosa, oggi, si intende per “estrema”. Non è più come fino a qualche anno fa, la definizione che si affibbiava ai partitini più estremisti, quelli che erano a destra (o a sinistra) di tutti gli altri, con percentuali spesso insignificanti. Ora “estrema” ha assunto un significato che è molto più ideologico e molto meno numerico: “estrema” non vuol dire più periferia della politica, ma vuol dire “ideologia estrema” (anche se, ovviamente, c’è sempre qualcuno più a destra o più a sinistra). E questo va tenuto ben presente, per capire la dimensione del fenomeno.
La seconda questione è che definire queste forze “populiste” vuol dire non comprenderne e non evidenziarne, dunque, la natura vera, e anche, a mio giudizio, pericolosa. Nel caso austriaco, ad esempio, non stiamo parlando di un partito che promette di riempire la pancia dei cittadini più poveri con gustosi manicaretti locali, non promette di cambiare una vecchia classe politica con una nuova, non promette che chi è stato ai margini diventerà protagonista, che “uno vale uno”, o che saranno aumentate le pensioni e gli stipendi e che saranno tolti i privilegi a chi ne ha.
Alcune di queste cose ci sono, ma il nucleo vero è che quel partito austriaco, come tanti altri in Europa e non solo, ha un’ideologia vera, delinea un percorso e degli obiettivi. Lasciamo stare se sono percorsi e obiettivi possibili, lasciamo stare il livello di elaborazione dottrinale, il centro è che il programma (che per tanti è simile, almeno finché poi se arrivano al governo devono ammorbidirne molti aspetti) ha spesso solidi, alle volte espliciti, riferimenti alle ideologie naziste o fasciste, dei punti ben definiti e, tecnicamente possibili: uscire dall’Ue, chiudere le porte agli immigrati, diminuire la libertà di stampa, diminuire i diritti civili, avvicinarsi politicamente a Trump e/o alla Russia di Putin, e tante altre cose.
E’ importante capire e raccontare questo perché il populismo, spesso, si sgonfia rapidamente, certe ideologie no. Magari si può dire che sono prive di una robusta struttura teorica, magari si può dire che sono antistoriche, se ne possono dire molte, ma bisogna aver presente che rappresentano delle idee, degli obiettivi, non solo un malcontento, una voglia di rivalsa.
Chiamarle “populiste” diventa quindi riduttivo, non permette di cogliere la gravità del problema e dunque non permette di affrontarle armandosi di un solido bagaglio politico e teorico che possa sconfiggerle nelle menti degli elettori prima e nelle urne poi.