Bruxelles – Non ascoltare ‘la pancia’ e quindi non pensare al portafogli, bensì ragionare, per bene, e concentrarsi sulle riforme, anche più importanti dei soldi. Mario Draghi cerca di difendere il suo rapporto sulla competitività, quello realizzato su richiesta e incarico della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’ex primo ministro e prim’ancora ex presidente della Bce è consapevole che se la politica si focalizza su come finanziare il suo piano per il rilancio in grande stile dell’Unione europea e della sua eurozona il percorso può interrompersi prima ancora di cominciare, e allora invita alla calma. Quello di strumenti di debito comune, riconosce intervenendo al dibattito ospitato dal think tank Bruegel, “è il tema su cui ci sono state le reazioni più rapide rispetto al rapporto ma io direi che non è la questione principale del rapporto“. Per questo, intima, “oggi non vorrei avere la discussione focalizzata su questo”.
Draghi sa che lo sforzo per tradurre in pratica quanto contenuto nel suo documento – che Eunews e il servizio traduzioni di Withub hanno reso fruibile anche in italiano – ha costi importanti. Circa 800 miliardi di euro, secondo “calcoli della Commissione europea e della Banca centrale europea”. Non pochi, e che richiederanno inevitabilmente intervento pubblico. Di questo l’ex premier ne è consapevole e non lo nasconde, ma, avverte, se invece di pensare ai soldi si pensa all’agenda di lavoro una buona parte del programma si realizzerà da sé, in automatico, come diretta conseguenza.
“Se siamo d’accordo sulla direzione, se capiamo che siamo nel mezzo di questa grande transizione tecnologica” per cui “dobbiamo investire molto” e “se facciamo le riforme del mercato unico”, allora, sottolinea Draghi alla platea di Bruegel, tutto sarà meno complicato. “Quando ci arriveremo i capitali arriveranno“, sostiene. Serve dar prova di coraggio, visione, credibilità. Solo così i mercati verranno incontro alle necessità dell’Unione europea. E’ per questo che la questione eurobond non è ‘la’ questione, ed è per questo che viene rivolto l’invito esplicito a tutti i governi nazionali, vero snodo per il futuro, in un senso o nell’altro, del rapporto Draghi, di non guardare il bilancio.
La priorità vera, quando si parla di competitività, è il completamento e il rafforzamento del mercato unico. Draghi vuole insistere una volta di più sul concetto. E il concetto, in estrema sintesi, è che il completamento del mercato unico è la condizione necessaria per favorire la crescita di scala delle aziende innovative e assicurare i finanziamenti. Ciò perché, insiste ancora Draghi, al momento “non c’è la scala sufficiente perché ci sono troppe barriere e regole nazionali”. Ne deriva che “da solo non c’è Paese in grado di fronteggiare le sfide della competizione globale e della sicurezza”. Servirà più Europa. L’esatto contrario che un po’ ovunque, in Europa, si chiede a giudicare dall’avanzata di forze estreme, euroscettiche e sovraniste. Il rapporto Draghi non nasce in un contesto dei migliori, e dallo spazio di Bruegel arriva la richiesta alla politica di oggi di preparare il domani.
Una richiesta che è la stessa di Christine Lagarde, e che giunge a poche ore di distanza da quelle di Draghi. La presidente della Banca centrale europea prende parte all’audizione in commissione Affari economici del Parlamento europeo, e qui offre sponde a quello che definisce il suo “illustre predecessore”. Anche Lagarde è dell’idea che “nel rapporto c’è molto di più del debito comune, e sarebbe riduttivo soffermarsi su questo”. Ed esattamente come Draghi, anche Lagarde chiede direttamente ai parlamentari il coraggio che serve.
“L’Europa affronta sfide significative e nei prossimi cinque anni dovranno essere prese decisioni critiche“, sottolinea Lagarde. Evoca le riforme che sono insite nel rapporto Draghi per la competitività. A tal proposito vuole essere chiara: “L’attuale slancio politico deve essere convertito in un programma concreto con chiare priorità. E questo programma deve essere rapidamente seguito da azioni genuine”. Un lavoro che passa soprattutto per il Parlamento, più che nei governi. “Il futuro dell’Europa è nelle vostre mani”, il monito della presidente della Bce. Che promuove il suo predecessore e la sua strategia.