Bruxelles – Dopo le gravi sconfitte alle ultime elezioni regionali, per i Verdi tedeschi si apre una stagione di profondi cambiamenti. I vertici degli ambientalisti si sono dimessi, inclusi i co-presidenti Ricarda Lang e Omid Nouripour, ma la nuova squadra e la nuova linea politica verranno annunciate al congresso nazionale tra un paio di mesi. Stando alle ricostruzioni dei giornali locali, si starebbero allungando sull’organizzazione le mani del ministro all’Economia Robert Habeck, punto di riferimento dei “realisti” che vorrebbero ridimensionare l’influenza dell’ala sinistra del partito.
Leadership dimissionaria
Un reset totale: è di questo che i Verdi tedeschi hanno bisogno dopo aver subito le peggiori sconfitte nelle urne in almeno un decennio. Questo è quanto hanno sostenuto i due leader del partito, Ricarda Lang e Omid Nouripour, quando mercoledì mattina (25 settembre) hanno annunciato le proprie dimissioni in seguito agli esiti disastrosi del voto regionale in Turingia e Brandeburgo delle scorse settimane.
Insieme a loro si dimetterà anche l’intero Comitato esecutivo federale, il quale ha stabilito “che è giunto il momento di affidare il destino di questo grande partito a nuove mani”, come si legge in una nota. Le dimissioni avranno effetto a partire dal congresso del partito in calendario per metà novembre a Wiesbaden (capoluogo dell’Assia), dal quale dovrà emergere non solo la nuova dirigenza ma anche la nuova linea politica da seguire per presentarsi alle elezioni federali del settembre 2025.
La Caporetto nelle urne
La débâcle degli ambientalisti alle elezioni nei Länder orientali che si sono svolte nel mese di settembre è stata traumatica: in Turingia sono rimasti inchiodati al 3,8 per cento dei consensi e nel Brandeburgo si sono fermati al 4,1 per cento, mancando in entrambi i casi la soglia di sbarramento del 5 per cento e venendo estromessi non solo dai governi ma dagli stessi parlamenti statali. In Sassonia ce l’hanno fatta per un soffio, attestandosi al 5,3 per cento. Una disfatta totale per uno dei tre partiti che partecipa al governo del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz, nel quale era entrato dopo aver ottenuto quasi il 15 per cento su scala nazionale alle legislative del settembre 2021.
Per la verità, tutti i membri della coalizione semaforo (Spd, Verdi e l’Fdp liberale) hanno sofferto pesanti perdite in questa tornata elettorale. Le vere vincitrici sono state l’ultradestra etno-nazionalista di Alternative für Deutschland (AfD) e la sinistra rossobruna di Bündnis Sahra Wagenknecht (Bsw), due partiti antisistema che hanno intercettato un profondo malcontento diffuso tra la popolazione, che per ragioni storiche è più marcato nelle regioni dell’ex Ddr . Il successo di questi due nuovi soggetti politici ha portato molti elettori di centro-sinistra ad optare per il voto tattico, preferendo in molti casi l’Spd agli ecologisti. Anche alle europee dello scorso giugno i Grünen sono andati male, precipitando dal 20,5 per cento del 2019 a meno del 12 per cento di quest’anno.
Il trend negativo degli ambientalisti non è certo una dinamica esclusivamente tedesca, ma in Germania questo crollo dei consensi è stato particolarmente vistoso. Gli analisti sono concordi nell’indicare, alla radice di queste performance a dir poco deludenti, la partecipazione in un governo federale litigioso che ha gestito con difficoltà la risposta alla guerra in Ucraina e alla conseguente crisi energetica, e che sta adottando posizioni sempre più dure sui temi della sicurezza e dell’immigrazione.
Un episodio nello specifico sembra aver spezzato la fiducia della cittadinanza nei Verdi: l’entrata in vigore, a gennaio di quest’anno, di un provvedimento che impone la produzione sostenibile di almeno il 65 per cento dell’energia utilizzata da famiglie e imprese derivante da nuove installazioni. Una legge (ribattezzata “delle pompe di calore”) che i critici ritengono imbevuta del rigorismo ideologico ecologista, incapace di considerare la sostenibilità economica e sociale delle misure necessarie a realizzarla.
La scalata di Habeck
E sul futuro del partito incombe, almeno a quanto scrive il quotidiano tedesco Spiegel, l’ombra lunga dell’attuale ministro dell’Economia Robert Habeck. Insieme alla ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, il vicecancelliere è la figura più prominente degli ecologisti tedeschi e il riferimento principale dell’area dei cosiddetti realisti, che sostengono la necessità di ammorbidire alcune posizioni ritenute ideologiche e difese invece dall’ala più radicale del partito (che si riconosce nelle battaglie tradizionali delle forze progressiste, soprattutto sui temi sociali), nel nome del pragmatismo di governo.
Stando ai retroscena che circolano sulla stampa tedesca, il vicecancelliere avrebbe usato la recente disfatta elettorale per scaricare sull’attuale dirigenza la responsabilità delle proprie scelte politiche e per rinsaldare ulteriormente la sua presa sul partito. Le dimissioni di Lang e Nouripour, che hanno colto quasi tutti di sorpresa, sarebbero state imposte dallo stesso Habeck, che da tempo avrebbe voluto far saltare le teste dei due co-presidenti per riposizionare i Verdi più vicino al centro e magari soffiare un po’ di elettori alla Cdu.
Un nuovo corso che non è piaciuto alla sezione giovanile del partito, i cui capi hanno disertato in massa sostenendo che la linea dell’organizzazione si era ammorbidita eccessivamente. Un evento che va considerato insieme alle dinamiche del voto: nel Brandeburgo, governato stabilmente dal centro-sinistra da decenni, il consenso dei Verdi nella fascia demografica tra i 16 e i 24 anni è calata di 24 punti percentuali.
Cosa succede ora?
Per la successione a Lang e Nouripour uno dei nomi più in vista è quello di Franziska Brantner, sottosegretaria di Stato al ministero gestito da Habeck e pezzo grosso dell’ala realista. Dall’area progressista starebbero invece emergendo i profili di Andreas Audretsch (vicepresidente uscente del partito) e Felix Banaszak (ex presidente del Länd Norreno-Vestfalia): entrambi sarebbero in ottimi rapporti con il ministro, pur propendendo per una politica economica più convintamente di sinistra che mantenga l’attenzione sulle questioni sociale e climatica.
Sembra che i malpancismi ci siano già. Nei prossimi mesi si saprà chi la spunterà e quali saranno i volti dei nuovi vertici dei Verdi. Nel frattempo, è sempre più probabile che Habeck ottenga la nomina del partito per sfidare Friedrich Merz (leader della Cdu) alla cancelleria nel settembre 2025. Sondaggi alla mano, i cristiano-democratici viaggiano intorno al 30 per cento dei consensi, mentre gli ambientalisti sfiorano appena il 10: l’incarico di capo del governo potrebbe essere un’ambizione esagerata per Habeck, ma non è da scartare a priori l’ipotesi di un’alleanza per formare un governo, anche se in molti all’interno della Cdu (e del partito gemello bavarese, la Csu) vedono i Verdi come il fumo negli occhi.