Bruxelles – Prosegue l’indigestione di spreco alimentare in Ue. Nel corso del 2022, i 27 Paesi membri hanno generato circa 132 chili di rifiuti alimentari per abitante. In totale, si parla di oltre 59 milioni di tonnellate di cibo buttato. Più del 2021, in cui ci eravamo fermati a 58,4.
La fotografia che emerge dai dati Eurostat è sconcertante. In particolare, se si guarda dentro le case dei cittadini europei. Le famiglie hanno generato il 54 per cento dei rifiuti alimentari, 32 milioni di tonnellate, pari a 72 kg per abitante. Il restante 46 per cento è costituito da rifiuti generati a monte della filiera alimentare. In cui esistono già strategie per ridurre gli sprechi alimentari, ad esempio con l’utilizzo di parti scartate come sottoprodotti.
Il secondo settore in termini di quota (19 per cento) è quello della trasformazione e della produzione, dove la quantità di rifiuti alimentari misurata è stata di poco superiore a 11 milioni di tonnellate. Infine, poco più di un quarto del totale dei rifiuti alimentari proviene dal settore della produzione primaria – meno di 5 milioni di tonnellate, 8 per cento sul totale dei rifiuti alimentari -, dai ristoranti e dai servizi di ristorazione (meno di 7 milioni di tonnellate, 11 per cento) e dai settori della vendita al dettaglio e della distribuzione di altri prodotti alimentari (poco meno di 5 milioni di tonnellate, quota dell’8 per cento). Per ristorazione e vendita al dettaglio, Eurostat sottolinea che “l’impatto della fine delle chiusure COVID-19 su questi è ancora in fase di analisi”.
Tre Paesi sono responsabili di quasi la metà dello spreco alimentare prodotto in Ue. Sono Germania, Francia e Italia, che nel 2022 hanno prodotto 28,4 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari.
Per arginare la piaga dello spreco alimentare – e tessile -, nel luglio del 2023 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della Direttiva sui Rifiuti, in cui propone obiettivi vincolanti di riduzione dei rifiuti a livello nazionale entro la fine del 2030. Il 10 per cento nella lavorazione e nella produzione di cibo, il 30 per cento nel commercio al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi di ristorazione e nelle famiglie.
Nel marzo del 2024, il Parlamento ha adottato la propria posizione e alzato l’asticella, invocando una riduzione del 20 per cento nella lavorazione e produzione e del 40 per cento nel commercio al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi di ristorazione e nelle famiglie. La riforma è stata messa in cantiere a causa delle elezioni europee, e toccherà ora al nuovo Parlamento europeo portare avanti i negoziati con i Paesi membri nel Consiglio dell’Ue, per dare la forma definitiva alla direttiva.