Bruxelles – Quando si parla di energia le certezze, per l’Ue, sono poche: l’unica fonte di cui è ricco il Vecchio continente è il carbone, e che questa fonte fossile l’Unione europea l’ha eliminata ancor prima del Green Deal, per sposare la via di petrolio e gas. Appare evidente, alla luce di ciò, che “la questione della sicurezza energetica rimarrà probabilmente una sfida a lungo termine per l’Ue“. Tanto è vero che nonostante gli sforzi, gli annunci e i proclami, primi fra tutti quelli della presidenza della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, “è difficile affermare che l’Ue abbia una strategia di sicurezza energetica completa“. A mettere le cose in chiaro è il centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro che fa il punto della situazione.
Il punto di partenza è il concetto di sicurezza energetica, inteso come la disponibilità di una fornitura adeguata di energia a un costo ragionevole. L’Unione europea, da questo punto di vista, è davvero al sicuro? No, visto che dipende dall’estero e anche solo “un’interruzione parziale dell’approvvigionamento può avere gravi conseguenze” per l’economia nazionale e, di riflesso, dell’Ue.
Fin qui l’Ue si è data da fare dimostrando di saperci fare. Nel secondo trimestre del 2024 i 27 presi nel loro insieme hanno ridotto a zero le importazioni di carbone russo, acquistato solo l’1 per cento di petrolio russo, e appena il 18 per cento di gas pompato da Gazprom. Risultati che confermano la fermezza e la determinazione a non alimentare finanziariamente la macchina bellica del Cremlino. Tuttavia, rilevano gli analisti del Parlamento europeo, “risolvere il problema della dipendenza dalle importazioni di energia russa non risolverà i problemi di sicurezza energetica dell’Ue“.
Adesso l’Ue si rivolge principalmente a Stati Uniti, Norvegia e Arabia Saudita per il petrolio, ad Algeria e Norvegia per il gas naturale (e in minima parte anche alla Russia), a Stati Uniti, Azerbaijan, Norvegia e Nord Africa per il gas naturale liquefatto (Gnl). Una strategia di diversificazione che espone meno l’Ue a ricatti da parte di un solo fornitore, ma che non la mette al riparo da rischi.
Quello che serve è un potenziamento europeo. “C’è ancora margine per un coordinamento più forte tra gli Stati membri e un intervento legislativo per completare un quadro di sicurezza dell’approvvigionamento“, il suggerimento che arriva dagli esperti del Parlamento europeo. Una raccomandazione che vuol dire riforme e investimenti veri, attraverso il completamento di un mercato unico dell’energia fatto di reti, interconnessioni, stoccaggi, gestione condivisa delle risorse.
In assenza di risorse che non ci sono, e con una transizione verde e sostenibile comunque non priva di rischi d di naturale geopolitica, c’è ancora del lavoro da fare, checché ne dica la classe politica europea. “Restano sfide significative sulla strada che conduce ad una strategia di piena sicurezza energetica dell’Ue”.