Bruxelles – Il mondo dell’agricoltura italiana fa scudo intorno alla filiera della canapa industriale e chiede l’intervento “urgente” del Parlamento europeo sui provvedimenti del governo Meloni che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Una coalizione trasversale, che include la maggiori organizzazioni agricole del panorama nazionale, ha presentato una petizione all’Eurocamera per denunciare le “gravi violazioni delle normative comunitarie”.
Confagricoltura, Cia, Copagri, Cna Agroalimentare, Unci, Liberi Agricoltori, Altragricoltura, Associazione Florovivaisti italiani. E poi le associazioni della filiera, Canapa Sativa Italia, Federcanapa, Sardinia Cannabis, Assocanapa, Resilienza Italia Onlus, Canapa delle Marche. All’appello si sono uniti anche Eiha, l’associazione europea della canapa industriale, e i francesi di UPCBD. Insieme chiedono alla Commissione Petizioni (Peti) del Parlamento europeo di “verificare la conformità delle normative italiane” e di “sollecitare la Commissione Europea” – a cui avevano già rivolto una lettera lo scorso giugno – a valutarne la compatibilità con il diritto dell’Unione.
La petizione sottolinea che l’emendamento al Ddl Sicurezza, che di fatto vieta la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e derivati, e il Decreto Ministeriale del 27 giugno, che classifica le composizioni per uso orale di CBD tra le sostanze stupefacenti, “violano i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, in particolare la libera circolazione delle merci”, e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Ue, che in una sentenza del novembre 2020 “ha già stabilito che il CBD non è una sostanza stupefacente”. Peraltro, con una sentenza dell’11 settembre, il Tar del Lazio ha sospeso il decreto ministeriale sul CBD.
In un comunicato stampa congiunto diffuso in parallelo, le associazioni agricole ricordano che si sta parlando di un settore che offre lavoro a circa 15 mila persone e genera un fatturato annuo di 500 milioni di euro. A repentaglio ci sono migliaia di aziende che “hanno investito legittimamente in questo settore, acquistando macchinari specifici, sviluppando infrastrutture e stipulando contratti a lungo termine basati sulle leggi vigenti”.
La petizione recapitata alla Commissione Peti si spinge oltre, e chiede di “invitare le autorità italiane a sospendere l’attuazione delle norme contestate” e “promuovere un dialogo tra la Commissione e l’Italia per risolvere le violazioni”. Le associazioni si dicono pronte, in extrema ratio, a portare nuovamente il caso davanti alla Corte di Giustizia Europea, “contestando al governo italiano i danni economici che deriverebbero da queste normative”.
La filiera della canapa italiana ha trovato immediatamente una sponda in Cristina Guarda, eurodeputata dei Verdi e vicepresidente della Commissione Peti. “Ho combattuto questa battaglia per nove anni in Consiglio regionale Veneto e continuerò a farlo ora come parlamentare europea, dialogando con tutti i membri della Commissione Petizioni, per far sì che questa denuncia venga affrontata con serietà e con onestà intellettuale, scientifica e politica“, ha promesso l’eurodeputata di Avs. Guarda ha inoltre puntato il dito contro la “propaganda moralistica e demonizzatrice” della coalizione di governo in Italia, sottolineando invece le proprietà “ansiolitiche, antidolorifiche, antinfiammatorie, antiossidanti e neuroprotettive” della canapa con CBD.
Dello stesso avviso Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle e membro della commissione Peti, secondo cui la petizione è “un ulteriore messaggio per il nostro Governo al fine di fermare al più presto un provvedimento sciagurato”. La delegazione pentastellata aveva già presentato ad agosto un’interrogazione alla Commissione europea sul tema. Ora la petizione dovrà essere valutata e dichiarata ricevibile, a quel punto la commissione Peti potrà – a sua discrezione – invitare rappresentanti della filiera per un dibattito in aula, e eventualmente scrivere all’esecutivo Ue perché si esprima sulla questione.