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    Home » Politica Estera » Bruxelles promette a Kiev fino a 35 miliardi di euro, che dovrebbero arrivare dagli extraprofitti sugli asset russi congelati

    Bruxelles promette a Kiev fino a 35 miliardi di euro, che dovrebbero arrivare dagli extraprofitti sugli asset russi congelati

    Nel suo viaggio nella capitale ucraina, la presidente dell’esecutivo Ue ha annunciato che l’Unione si impegna a utilizzare i proventi dai fondi immobilizzati della Banca centrale russa per sostenere le finanze del Paese aggredito

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    20 Settembre 2024
    in Politica Estera
    Foto: EC - Audiovisual Service

    Foto: EC - Audiovisual Service

    Bruxelles – Per l’ottava volta dall’inizio dell’invasione russa, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha incontrato a Kiev il leader ucraino Volodymyr Zelensky. Al quale ha annunciato che presto l’Ue staccherà per il Paese aggredito un maxi assegno che, come da accordi presi la scorsa estate in ambito G7, sarà finanziato dagli extraprofitti generati dagli asset russi immobilizzati. L’importo esatto non è ancora definito, ma potrebbe arrivare fino a 35 miliardi di euro. Ma rimane il rischio che l’Ungheria possa mettere a repentaglio l’intero piano.

    Durante una conferenza stampa congiunta con Volodymyr Zelensky al termine del loro incontro bilaterale, il capo dell’esecutivo comunitario ha annunciato venerdì (20 settembre) che “la Commissione ha adottato delle proposte che permetteranno all’Ue di prestare 35 miliardi di euro” come parte dell’impegno assunto dai partner del G7 la scorsa estate di fornire all’Ucraina 50 miliardi di dollari (circa 45 miliardi di euro) per sostenere le casse dello Stato, finanziando l’esborso con i proventi generati dagli asset russi immobilizzati in Occidente.

    Parlando al fianco del presidente ucraino, von der Leyen è tornata sul “piano per l’inverno” in tre punti (del valore di 160 milioni di euro) che aveva articolato giovedì (19 settembre): la priorità per l’Ue è sostenere il sistema energetico di Kiev riparando i danni provocati dagli attacchi russi, connettendo la griglia ucraina a quella europea e stabilizzando la produzione energetica del Paese. E in più ha aggiunto il carico da novanta, cioè appunto questi 35 miliardi che dovrebbero arrivare il più velocemente possibile nelle casse ucraine.

    In realtà, quello dei 35 miliardi è il limite massimo che l’Ue può fornire all’Ucraina nel quadro del piano del G7, ma non è detto che l’esborso effettivo ammonti davvero a quella cifra. La decisione sull’importo preciso verrà presa in un secondo momento, probabilmente entro la fine di ottobre, quando anche gli altri partner occidentali avranno definito l’entità della propria contribuzione. Insomma, i 45 miliardi totali potrebbero essere forniti anche in proporzioni diverse – non necessariamente 35 da parte di Bruxelles e i restanti 10 dagli altri membri dell’organizzazione.

    Gli accordi presi la scorsa estate a livello di G7 prevedevano originariamente un contributo paritario di Unione europea e Stati Uniti, pari a 20 miliardi di dollari ciascuno (poco meno di 18 miliardi di euro), mentre Canada, Giappone e Regno Unito avrebbero messo il resto. Ma Washington aveva poi rallentato l’intero processo adducendo dubbi circa la disponibilità degli Stati membri dell’Ue a rinnovare periodicamente le sanzioni che, nel concreto, mantengono effettivamente immobilizzati gli asset della Banca centrale russa – e che costituiscono dunque le fondamenta legali su cui si basa tutto il piano. Nello specifico, il timore si concentra sull’Ungheria di Viktor Orbán: dato che i Ventisette devono raggiungere l’unanimità al Consiglio per rinnovare il regime sanzionatorio contro Mosca, esiste il rischio che Budapest faccia saltare il banco.

    L’idea della Commissione Ue è di istituire un meccanismo speciale, che dovrebbe chiamarsi Ukraine loan cooperation mechanism, per incanalare annualmente verso le casse di Kiev un gettito compreso tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro (gli asset congelati nelle giurisdizioni europee sono stimati in circa 200 miliardi). Questo meccanismo andrebbe così a complementare lo Strumento europeo per la pace (Epf nell’acronimo inglese), che al momento finanzia la maggior parte degli esborsi sostenuti dagli Stati membri, e anzi dovrebbe finire per coprire (almeno nelle intenzioni) il 95 per cento dei prestiti erogati all’Ucraina, sulla base del principio per cui “la Russia deve pagare per la distruzione che provoca”, come più volte ribadito dalla stessa von der Leyen.

    Tecnicamente, questi soldi non sono destinati a nessun ambito di spesa specifico ma saranno nella completa disponibilità del governo ucraino. Un modo con cui Bruxelles cerca cioè di aumentare lo spazio di bilancio di agibilità per Kiev, le cui spese per fronteggiare l’aggressione russa continuano a salire. La creazione di questo fondo speciale – che sarà garantito in ultima istanza dal bilancio comunitario e diventerà operativo a partire dal 2025 – dovrà essere approvata entro la fine dell’anno fiscale in corso con procedura legislativa ordinaria dall’Eurocamera e dal Consiglio, che su questo punto delibera a maggioranza qualificata e può quindi bypassare un eventuale veto ungherese.

    Il “no” di Budapest può invece bloccare, come si diceva, il regime sanzionatorio imposto dai Ventisette contro la Federazione russa, che attualmente viene rinnovato a cadenza semestrale. Ora, per limitare il rischio che un singolo Stato membro possa minare l’intero meccanismo di prestito, la Commissione ha proposto di estendere a 36 mesi la periodicità con cui il Consiglio decide sul rinnovo del congelamento degli asset russi immobilizzati. Con questa mossa (che non va intesa come un “disaccoppiamento” del congelamento dal resto delle sanzioni, come precisato dai funzionari dell’esecutivo Ue), dunque, le misure restrittive continuerebbero ad essere rinnovate ogni sei mesi mentre l’immobilizzazione dei fondi della Banca centrale di Mosca verrebbe di fatto blindata di tre anni in tre anni. Perché questa proposta venga accolta, tuttavia, serve che i governi dei Ventisette l’accettino all’unanimità. Il che potrebbe non essere poi così scontato.

    Tags: G7prestitoueukraine

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