Bruxelles – Sale a otto il bilancio delle vittime della tempesta Boris che sta colpendo l’Europa centro-orientale dalla scorsa settimana. Le piogge torrenziali hanno provocato ingenti danni in almeno sei Stati membri dell’Ue, i cui governi stanno correndo ai ripari per mettere in salvo la popolazione e limitare i danni. Da Bruxelles non è ancora stato attivato il meccanismo di protezione civile dell’Ue, che va richiesto espressamente dalle cancellerie, mentre il premier ungherese Viktor Orbán ha annullato tutti gli impegni istituzionali ed in particolare quelli all’estero, e salterà così il confronto con gli eurodeputati a Strasburgo previsto per mercoledì.
Da quando, lo scorso giovedì (12 settembre), la tempesta Boris ha cominciato a infuriare nell’area mitteleuropea, il vento e la pioggia non si sono più fermati. Ampie aree di Austria, Cechia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria sono state interessate da fenomeni meteorologici estremi di forte intensità – in alcune zone, ad esempio in Cechia, sarebbero cadute in tre giorni le precipitazioni che normalmente si registrano in tre mesi – mentre sono già migliaia i residenti sfollati dalle proprie abitazioni. Nella mattinata di lunedì (16 settembre) i decessi confermati ufficialmente erano otto, ma è verosimile che questo numero sia destinato ad aumentare nelle prossime ore, anche in considerazione del fatto che almeno altre quattro persone sarebbero ancora disperse in Cechia.
La presidente (ri)eletta dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha dichiarato su X che “l’Ue rimane pronta ad aiutare” gli Stati e le comunità colpite dalle inondazioni, ma come confermato a Eunews dal portavoce della Commissione europea Balazs Ujvari “il meccanismo (di protezione civile dell’Ue, ndr) non è stato attivato a questo stadio”, non essendo stato richiesto da nessuno dei Paesi coinvolti. Al contrario, quattro di loro (Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria) “hanno richiesto immagini satellitari tramite Copernicus“, il servizio di osservazione terrestre dell’Agenzia spaziale europea (Esa), per valutare l’entità dei danni e calibrare una risposta. Il premier polacco Donald Tusk, che starebbe per dichiarare lo stato di calamità naturale, ha annunciato che il suo ministro agli Affari europei “farà richiesta per l’aiuto europeo“, ma a quanto sappiamo tale richiesta non è ancora stata formalizzata.
Il presidente romeno Klaus Iohannis ha subito collegato gli avvenimenti degli ultimi giorni al cambiamento climatico: “Stiamo nuovamente fronteggiando gli effetti del cambiamento climatico”, ha dichiarato, “che sono sempre più presenti sul continente europeo, con conseguenze drammatiche”. Gli ha fato eco la co-capogruppo dei Verdi all’Eurocamera, Terry Reintke, la quale ha ribadito che “gli eventi meteorologici estremi sono una minaccia crescente“, avvertendo che “dobbiamo agire ora” per evitare che peggiorino ulteriormente, mentre la capogruppo dei socialdemocratici (S&D), Iratxe García Pérez, ha annunciato che chiederà un dibattito in Aula durante la sessione plenaria in corso a Strasburgo questa settimana per discutere “della mobilitazione delle risposte d’emergenza dell’Ue“.
E proprio a Strasburgo mancherà uno degli ospiti più attesi di questa sessione, il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il leader magiaro ha fatto sapere di aver annullato tutti gli impegni internazionali previsti per i prossimi giorni, e rimarrà a Budapest per gestire di persona l’emergenza. Nella capitale del Paese si prevede che il Danubio si alzerà fino a superare gli 8 metri e mezzo (il record storico è di 8,91 metri nel 2013). Orbán avrebbe dovuto presentare agli eurodeputati il programma della presidenza ungherese del Consiglio mercoledì mattina (18 settembre), durante un dibattito che si annunciava particolarmente teso in seguito, tra le altre cose, alle sue “missioni di pace” in giro per mezzo mondo e alla questione dei controversi “visti rapidi“ rilasciati a cittadini russi e bielorussi. Insomma, il faccia a faccia è solo rimandato.