Bruxelles – L’Ungheria non ha risposto alla lettera con cui la commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, aveva chiesto a Budapest maggiori spiegazioni sull’estensione di alcune agevolazioni per il rilascio dei visti ai cittadini provenienti da Russia e Bielorussia. Johansson aveva indicato al governo di Viktor Orbán di replicare entro l’11 settembre. Ma oggi (12 settembre) un portavoce della Commissione europea ha confermato che a palazzo Berlaymont non è arrivato nulla.
Una storia per la verità già vista. Budapest aveva risposto in ritardo – lo scorso 23 agosto – anche alla prima allarmata richiesta di spiegazioni della Commissione europea. Ma le motivazioni addotte dal governo magiaro – in sostanza che l’estensione delle agevolazioni per l’ingresso nel Paese a russi e bielorussi si proponessero di colmare la carenza di manodopera nazionale – non hanno convinto né Johansson né l’Eurocamera.
I dubbi sulla cosiddetta ‘Carta Nazionale’, un sistema di visti rapidi per l’ingresso nel Paese e che consente di lavorare sul territorio nazionale ungherese per un massimo di due anni, persistono. Si tratta di un sistema più semplice rispetto al permesso di lavoro o al visto, che consente il ricongiungimento familiare. Inizialmente aperto solo a Ucraina e Serbia, a luglio è stato esteso ai cittadini di Bosnia, Moldavia, Montenegro, Macedonia del Nord, Bielorussia e Russia. Ma l’estensione a “due Paesi ostili” rischia di creare un ‘buco’ nello spazio Schengen e permettere l’ingresso sul suolo Ue a spie e sabotatori al soldo del Cremlino.
Per questo Johansson ha chiesto a Budapest, lo scorso 4 settembre, di chiarire nuovamente “perché ritiene necessario un tale schema nell’attuale situazione politica” e in che modo terrà conto del rischio di infiltrazioni da Russia e Bielorussia dal momento che “sembra che i controlli sui cittadini dei due Paesi non saranno diversi da quelli sui cittadini di altre nazionalità”.
L’Ungheria non risponde, ma potrebbe essere costretta a farlo mercoledì prossimo, di fronte all’Eurocamera riunita in sessione plenaria a Strasburgo. Il Parlamento europeo ha infatti fissato un dibattito sul programma ungherese ‘Carta Nazionale’ e sulle sue conseguenze per la sicurezza di Schengen, in cui interverranno anche la Commissione europea e la presidenza del Consiglio dell’Ue. Ma quest’ultima è rappresentata proprio dall’Ungheria, che detiene la guida semestrale dei 27. Dunque un ministro del governo Orbán dovrà discutere in Aula della decisione presa da Budapest. In generale, vale il principio che il Paese che detiene la presidenza di turno del Consiglio parla in nome dell’istituzione, non del proprio esecutivo. Ma Orbán ha già dimostrato di interpretare il ruolo a tempi alterni, a proprio piacimento.