Bruxelles – Non è una bocciatura, ma nemmeno una promozione a pieni voti. L’Italia è uno di quegli studenti con tutte le carte in regola, ma che non si applicano. È la fotografia che emerge dal capitolo dedicato a Roma nel rapporto sullo Stato dell’Unione dell’energia 2024, adottato oggi (11 settembre) dalla Commissione europea. La contraddizione è lampante: mercato leader nelle tecnologie pulite, da cui provengono più di un quinto dei pannelli fotovoltaici degli edifici europei, ma con un mix energetico “dominato dai combustibili” fossili.
Il dato relativo alla composizione del portafoglio energetico italiano è senza appello: le fonti fossili rappresentano l’80 per cento del mix, ben sopra la media europea del 69 per cento. Solo il restante 20 per è coperto da energie pulite. Quest’ultima quota è per di più in leggero calo dal 2020 a oggi. Anche peggio, rispetto agli altri Paesi membri, se si guardano solo le fonti utilizzate per la produzione di energia elettrica: i combustibili fossili rappresentano il 63,3 per cento, contro una media Ue del 38,6 per cento.
In parallelo, l’analisi della Commissione europea conferma il ruolo da leader dello Stivale nel mercato delle tecnologie pulite, trainato dal “numero sostanzioso” di impianti di produzione di energia solare fotovoltaica ed eolica. Un numero su tutti promuove Roma: il 22 per cento del fotovoltaico integrato negli edifici di tutta Europa proviene dall’Italia, che si colloca tra i primi due maggiori produttori in Ue per pannelli, lamine, e moduli. Un merito che assume maggior valore alla luce di quanto indicato anche nel rapporto sulla competitività europea di Mario Draghi, che ha sottolineato il ruolo di leader sulle clean tech che può rivestire l’Ue nel mondo.
Nota di merito anche sulla diversificazione dei fornitori di gas naturale e sul taglio dal gas russo: nel 2023, l’Italia ha contato 19 fornitori di gas naturale, rispetto ai 14 del 2021. L’Algeria al primo posto, con il 37 per cento del totale delle importazioni di gas.
L’Ue ha scandagliato poi uno dei nervi scoperti del Bel paese, le prestazioni energetiche del proprio parco immobiliare. Il dato disponibile è quello del 2022, in cui il consumo finale di energia degli edifici residenziali è diminuito del 5 per cento. Ma nel 2023, il 4,1 per cento della popolazione ha avuto difficoltà a pagare le bollette, e il 9,5 per cento non è riuscito a riscaldare in modo adeguato la casa nel periodo invernale.
La conclusione è una bacchettata sulle mani del governo Italiano: “È importante aumentare il tasso e la qualità della ristrutturazione degli edifici, in particolare di quelli con le performance energetiche peggiori”. Bruxelles tira dritto sulla direttiva ‘Case Green’, particolarmente invisa all’Italia. Ma vale per tutti: “Gli sforzi per l’efficienza energetica dovranno fare un ulteriore passo avanti per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo energetico finale dell’11,7 per cento entro il 2030″, si legge nel documento.