Bruxelles – Forse è l’effetto della vittoria dell’ultradestra nei Länder orientali, che ha indurito la retorica delle altre forze politiche sull’immigrazione e che sta avendo ripercussioni sui posizionamenti dei partiti in vista delle elezioni legislative dell’anno prossimo. Forse è un tentativo di distrarre l’opinione pubblica dalle difficoltà economiche. Fatto sta che, in Germania, pure il governo di centro-sinistra sta chiudendo i propri confini di terra nel tentativo di limitare l’immigrazione irregolare proveniente dagli altri Stati membri dell’Ue.
La ministra dell’Interno di Berlino, Nancy Faeser, ha annunciato lunedì (9 settembre) che a partire dal prossimo 16 settembre verranno istituiti dei controlli lungo tutti i confini terrestri del Paese per un periodo di sei mesi. L’obiettivo dichiarato dal governo, che si regge sulla coalizione “semaforo” tra socialdemocratici (Spd), Verdi e liberali (Fdp), è quello di contrastare più efficacemente i flussi migratori irregolari per proteggere la popolazione da un’ondata di “estremismo islamico” che si ritiene sia all’origine di una serie di attentati.
“Fino a quando non otterremo una forte protezione delle frontiere esterne dell’Ue con il nuovo Sistema europeo comune di asilo, dobbiamo rafforzare i controlli alle nostre frontiere nazionali“, ha detto Faeser, sottolineando che “questi controlli consentiranno anche un efficace respingimento” dei migranti verso i Paesi da cui hanno varcato (o tentato di varcare) i confini tedeschi. La titolare degli Interni ha aggiunto che sia la Commissione che i partner europei sono stati informati in anticipo della decisione. Come prevedibile, tuttavia, i suddetti partner europei non l’hanno presa troppo bene. Lunedì stesso, il ministro dell’Interno austriaco Gerhard Karner ha fatto sapere che Vienna non intende accogliere i migranti respinti da Berlino, facendo eco a proteste analoghe sollevate da Bruxelles, Lussemburgo, Praga e Varsavia.
In realtà, si tratta dell’estensione su scala nazionale di una serie di controlli già in atto su alcune frontiere: Austria (in vigore fino al prossimo novembre), Cechia, Polonia e Svizzera (fino a dicembre). Le misure già in vigore verranno dunque prorogate, anche dopo la loro scadenza originale, e coordinate per finire insieme a quelle imposte sui rimanenti cinque Stati che confinano con la Germania: Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
Si tratta dell’ennesima sospensione unilaterale delle regole dello spazio Schengen, che pure è prevista dai trattati in casi di minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna degli Stati membri. Da quando Berlino ha introdotto i controlli parziali alle sue frontiere nell’ottobre 2023, circa 30mila migranti sono stati respinti secondo la stessa Faeser, la quale ha previsto un aumento del numero di respingimenti dopo l’attuazione delle nuove misure.
Ma soprattutto, si tratta di una partita politica di enorme rilevanza in Germania, dove l’anno prossimo i cittadini torneranno a votare per eleggere il Parlamento e dunque il governo. Il successo travolgente, per quanto ampiamente annunciato, dell’estrema destra xenofoba di Alternative für Deutschland (AfD) alle recenti elezioni regionali in Turingia e Sassonia – nonché l’ottimo piazzamento che i sondaggi le attribuiscono non solo per il voto in Brandeburgo, tra due settimane, ma anche per le legislative in calendario per settembre 2025 (intorno al 28 e 17 per cento, rispettivamente) – sta infatti spingendo tutti i partiti tradizionali su posizioni progressivamente più rigide in tema di migrazioni, intramontabile cavallo di battaglia dei conservatori duri e puri.
Dai cristiano-democratici della Cdu/Csu fino al nuovo fenomeno della sinistra rossobruna, il Bsw di Sahra Wagenknecht, dunque, tutti stanno invocando un nuovo giro di vite sulla gestione dei flussi migratori, soprattutto in seguito all’attentato di Solingen dello scorso agosto (rivendicato dallo Stato islamico), che insieme ad altri recenti fatti di sangue (per cui la matrice islamista è per ora solo sospettata) ha profondamente scosso l’opinione pubblica. Del resto, quella della chiusura totale dei confini, e di misure per il respingimento “completo” dei migranti, è una richiesta che lo stesso leader della Cdu, Friedrich Merz, avanza da tempo.
Un terremoto politico, insomma, da cui non è rimasto immune nemmeno l’Spd, il partito socialdemocratico del cancelliere Olaf Scholz (e di cui fa parte anche Faeser), arrivato a proporre la chiusura totale – seppur temporanea – dei confini. Qualcosa che, fino a non troppo tempo fa, era normale sentire da parte di leader conservatori e ultranazionalisti come l’ungherese Viktor Orbán. E infatti, sul punto non sono d’accordo nemmeno tutti i membri della coalizione di governo di Berlino: già ad agosto, un gruppo di esponenti dei Verdi ha pubblicamente chiesto alla Commissione Ue di sospendere i controlli che erano già in vigore, portando alla luce del sole le crepe all’interno dell’esecutivo tedesco.