Bruxelles – Cattive notizie per l’eurozona: la Germania si ferma. L’Ifo, l’Istituto di ricerca economica di Monaco, rimette in discussione l’andamento della crescita tedesca, e avverte della seria possibilità di ‘crescita zero’ nel 2024. Sulla base degli ultimi dati a disposizione dell’istituto, le stime vengono tagliate e si prevede una crescita del Prodotto interno lordo dello 0 per cento anziché 0,4 per cento. Non solo: l’Ifo ha anche abbassato la sua stima per il 2025, fissandola allo 0,9 per cento invece dell’1,5 per cento atteso in precedenza.
“L’economia tedesca è bloccata e langue, mentre altri Paesi stanno sentendo la ripresa”, avverte Timo Wollmershäuser, responsabile delle previsioni presso Ifo. “Si stanno facendo troppi pochi investimenti, soprattutto nella produzione, e la produttività è stagnante da anni”, aggiunge. Ma è una situazione generale e più problematica. “Abbiamo anche una crisi economica“, riconosce Wollmershäuser: “La situazione degli ordini è scarsa e i guadagni nel potere d’acquisto non stanno portando a un aumento dei consumi ma piuttosto a maggiori risparmi perché le persone sono instabili”.
La Germania in sostanza arranca, e Monaco ora si prevede che un ritorno alla crescita non si registrerà prima del 2026, anno per cui si prevede un +1,5 per cento del Pil nazionale. Non una buona notizia per la principale economia dell’eurozona, la cui frenata potrebbe produrre effetti a catena per l’intera area dell’euro.
A mettere a dura prova la Germania, sarebbe anche l’agenda sostenibile dell’Ue, sostiene il capo delle previsioni Ifo. Come spiega, “la decarbonizzazione, la digitalizzazione, il cambiamento demografico, la pandemia di coronavirus, lo shock dei prezzi dell’energia e il ruolo mutevole della Cina nell’economia globale stanno esercitando pressione sui modelli aziendali consolidati e costringendo le aziende ad adattare le loro strutture produttive”. La conseguenza di tutto questo, spiega, è “c’è una crisi degli investimenti, in particolare nel settore manifatturiero, che in Germania rappresenta una quota significativamente più alta della produzione economica rispetto ad altri luoghi”.