Bruxelles – In Ue, a partire dalla pandemia di Covid-19, lo smart working è diventato sempre più rilevante ed utilizzato. Dopo quel periodo di chiusura in casa, quello che non ci si aspettava, è che i lavoratori volessero continuare a utilizzare il lavoro agile e le aziende avessero bisogno di ripensare i propri spazi.
Dopo il Covid-19, lo smart working, da possibilità poco utilizzata in precedenza, è diventato una diffusa modalità alternativa di svolgere il proprio lavoro. In Germania la scelta di ridurre gli spazi degli uffici sta diventano una necessità, sia per convenienza economica, sia perché i lavoratori hanno dato una risposta negativa al ritorno in ufficio, preferendo continuare da casa.
Dall’ultimo ifo Business Survey, si rileva che il 6.2 percento delle aziende tedesche ha già ridotto lo spazio dedicato agli uffici e un ulteriore 8.3 percento programma di farlo nei prossimi anni. Considerando che i contratti sugli edifici sono di lungo termine, sarà possibile notare l’impatto di questo cambiamento in futuro, ma non ci si aspetta una ripresa breve, tenendo conto anche delle costrizioni economiche e dei tassi di interesse alti per le costruzioni. Dalla stessa ricerca vediamo come in Germania l’impatto cambi da settore a settore, con in testa le grandi imprese che forniscono servizi e come fanalino di coda le Pmi e le aziende che si occupano di settori in cui il lavoro agile non è possibile, come il manifatturiero.
In Italia, dopo la pandemia è quasi quadruplicato il numero di imprese che utilizzano lo smart working e che hanno deciso di integrarlo definitivamente nelle proprie aziende. La tendenza italiana sembra concentrarsi maggiormente su come ripensare gli spazi in azienda, creando più sale riunioni e spazi comuni e considerando anche il benessere del lavoratore.
Non mancano però similitudini con la Germania, dal momento che i grandi gruppi bancari a Milano, come Unicredit, stanno subaffittando o riducendo gli spazi delle loro sedi, oltre a ripensare l’organizzazione. In Italia il processo è ancora all’inizio, sembra però che questa tendenza si andrà a consolidare nei prossimi anni, con una completa integrazione del lavoro ibrido nel modello produttivo aziendale italiano.