Bruxelles – Giorgia Meloni tenta la distensione. La presidente del Consiglio riceve a Roma Manfred Weber, presidente del partito popolare europeo (Ppe) e, cosa ancor più importante, capogruppo del Ppe in quel Parlamento europeo che sarà chiamato a scrutinare i commissari designati dai Paesi per la seconda Commissione von der Leyen. L’incontro dovrà servire per garantirsi il sostegno del principale schieramento dell’Aula, inevitabilmente fondamentale nel processo di formazione del nuovo esecutivo comunitario. Il Ppe è il primo gruppo, e se Meloni vuole evitare sgambetti da liberali, socialisti o verdi dovrà per forza di cose farsi amici i popolari. Ed è proprio questo il punto, il nodo centrale del confronto: ricostruire un clima e un rapporto di fiducia venuto meno.
La premier si era astenuta su un secondo mandato per Ursula von der Leyen in occasione del vertice dei leader di giugno, mentre i membri del suo partito in Parlamento europeo hanno finito addirittura per bocciare la presidente uscente, e designata dai popolari per un altro mandato. Un vero e proprio schiaffo al Ppe, adesso tanto indispensabile per far avanzare le ambizioni tricolori per un posto di peso nel gabinetto di colei che Fratelli d’Italia e la sua leader hanno mancato di sostenere.
Meloni sa l’incontro si rende quanto mai necessario. Raffaele Fitto – in odor di designazione ma ancora non formalizzato – è un nome comunque dalle buone chance di approvazione. L’attuale ministro per gli Affari europei ha buoni rapporti con Weber, e gode di una buona considerazione all’interno del Ppe, anche se esponente dei conservatori (Ecr). Il vaglio che il Parlamento, prima nella commissione competente e poi tramite Aula, dovrà fare sui commissari indicati dai governi è un momento cruciale. Mettere Fitto in difficoltà o, peggio, nella condizione di essere respinto pregiudicherebbe le ambizioni italiane e sarebbe un duro colpo per Meloni e la sua leadership.
Weber è già a Roma, per impegni istituzionali. E’ previsto che si incontri con Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Partito popolare europeo. Un’occasione per una consultazione interna al Ppe che apre le porte ad un incontro con Meloni, che potrebbe anche non essere un faccia a faccia. Tajani dovrebbe essere presente, a fare da garante per un nuovo corso di cooperazione politica che con il Ppe serve più che mai.
Certo, sarà anche l’occasione per discutere di altri temi, dalla politica estera a specifici dossier europei come immigrazione e Green Deal, che i partiti di maggioranza italiana vorrebbero ricalibrare, ma il ruolo del Parlamento nel sostegno ai commissari designati sembra occupare maggiore spazio in agenda, anche per il ruolo che Weber può giocare. Su questioni legate a riforme e conti pubblici il Parlamento ha meno voce in capitolo di Commissione e Consiglio, e le eventuali deleghe dei commissari sono e restano decisioni che spettano a Ursula von der Leyen. Però garantire il via libera di un nome comunque fornito di credibilità aiuterebbe e non poco a ottenere quella vicepresidenza che l’Italia rivendica con una certa insistenza.
A Roma vanno dunque in scena prove tecniche di disgelo. Meloni cerca garanzie su un lasciapassare per il suo commissario, ma dovrà convincere Weber che il Ppe potrà fidarsi di lei e della sua truppa in Europa quando arriverà il momento. Un appuntamento delicato, ma comunque obbligato. C’è da stringere nuove alleanze dopo il ‘no’ a von der Leyen che i popolari non hanno gradito.