Bruxelles – Ormai non c’è quasi più speranza per la Bulgaria. Come un copione visto, rivisto e stravisto, il Paese è costretto a tornare per l’ennesima volta a elezioni anticipate, le settime in tre anni e mezzo. Falliti i tre round di mandato per tentare di formare un governo di coalizione, il presidente della Repubblica, Rumen Radev, dovrà ora convocare gli elettori alle urne entro i prossimi due mesi, dopo aver nominato un governo ad interim che porti avanti le questioni di ordinaria amministrazione. Le uniche che ormai Sofia riesce a gestire a livello governativo.
Il quadro di caos politico era emerso piuttosto chiaramente nelle settimane successive al voto del 9 giugno (in concomitanza con le elezioni europee). Nonostante il primo posto alle urne, il partito conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, membro del Partito Popolare Europeo) dell’ex-premier Boyko Borissov, non è riuscito a portare a termine con successo i negoziati con il Movimento per i Diritti e le Libertà (Dps, aderenti alla famiglia dei liberali europei dell’Alde) e con la destra populista di C’è un popolo come questo (Itn), che ha fatto ingresso nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) al Parlamento Ue. È seguito poi un mandato a vuoto per i veri sconfitti alle seste elezioni anticipate dall’aprile 2021 (nonostante siano la seconda forza in Parlamento), i liberali di Continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica, che non avevano interlocutori di peso dopo la spina staccata in primavera al governo di coalizione con Gerb.
A spingere gli elettori alle settime elezioni anticipate in tre anni e mezzo è stato il mandato rimesso nelle mani del presidente Radev da parte dei populisti di Itn guidati dallo showman Slavi Trifonov, dopo aver riscontrato la mancanza di sostegno a un esecutivo di destra. “La spirale elettorale continua a infuriare e non causa solo irritazione, ma sblocca anche una serie di processi distruttivi, il blocco di diverse istituzioni e l’alienazione dei cittadini“, è l’affondo del capo dello Stato, che ha esortato i partiti a trovare una soluzione alla crisi politica: “Devono accettare che la base per creare una coalizione di successo non è dopo le elezioni, ma prima di esse”.
Una delle questioni più urgenti che i leader dei maggiori partiti dovranno affrontare è lo scontento della cittadinanza, che non vede da oltre tre anni una luce in fondo al tunnel delle elezioni anticipate. E i dati parlano chiaro: nell’aprile del 2021 l’affluenza al voto si è attestata al 50,61 per cento, mentre nel giugno del 2024 è crollata al 34,41 per cento. Il presidente Radev ora è chiamato a nominare un primo ministro ad interim, che succeda all’ex-presidente della Corte dei Conti di Sofia, Dimităr Glavčev, dal 6 aprile incaricato di guidare provvisoriamente la Bulgaria anche sulla scena internazionale e a Bruxelles. Dopodiché saranno convocate le urne in una data compresa entro i successivi due mesi, secondo quanto previsto dalla Costituzione nazionale. Si arriverebbe così al massimo a metà/fine ottobre, tre anni e mezzo esatti dalla prima delle sette tornate elettorali nel Paese più fragile dell’Unione Europea.
Tre anni di instabilità politica in Bulgaria
Con l’accordo di governo tra Gerb e Continuiamo il cambiamento del maggio 2023 sembrava finita l’instabilità politica che ha portato il Paese a svolgere cinque elezioni in due anni esatti. Tutto era iniziato con l’esito delle urne il 4 aprile 2021, quando i conservatori si erano confermati come prima forza, ma in uno scenario politico estremamente frammentato: dopo tre mesi di negoziati falliti per la formazione di un esecutivo, il presidente Radev aveva deciso il ritorno anticipato alle urne. La propaganda anti-sistema aveva premiato il movimento populista C’è un popolo come questo, fondato dallo showman Trifonov alle elezioni dell’11 luglio. Dopo altri quattro mesi di trattative fallimentari tra i partiti, il presidente Radev era stato costretto a convocare nuove elezioni anticipate per novembre dello stesso anno.
Il 14 novembre 2021 un quarto delle preferenze erano andate al partito anti-corruzione Continuiamo il cambiamento, scavalcando i conservatori di Gerb e relegando nell’ombra i populisti di Trifonov. Con l’appoggio proprio di queste due forze Kiril Petkov era stato nominato premier, per la prima volta con un senso di stabilità e programmazione per il futuro del Paese. Sotto la sua guida sono stati portati avanti i colloqui con la Macedonia del Nord per superare la disputa identitaria che bloccava da dicembre 2020 l’apertura dei negoziati per l’adesione di Skopje all’Ue. Proprio questo impegno è stato fatale a Petkov, anche se non gli ha impedito di portare a compimento la revoca del veto: prima il partito di Trifonov è passato all’opposizione e poi, il 22 giugno 2022, il governo è stato sfiduciato con una mozione presentata da Gerb.
Dopo un giro di consultazioni inconcludenti si è tornati al voto a ottobre, con il nuovo primo posto dell’ex-premier Borissov ma la solita incapacità di raggiungere un accordo di governo tra i partiti. Le ultime elezioni del 2 aprile 2023 hanno confermato l’ormai cronico stallo politico: le due formazioni più consolidate si sono ritrovate appaiate attorno al 25 per cento dei voti con i nazionalisti filo-russi e anti-europeisti di Vazrazhdane in ascesa. Anche per questo motivo è stata chiamata la politica di maggiore esperienza a livello europeo e – nonostante le grosse difficoltà a raggiungere un accordo tra la prima e la seconda forza politica – il rischio di scivolare verso il caos filo-russo e anti-europeista alle nuove elezioni ha convinto entrambi i partiti ad accettare un compromesso, rappresentato appunto dall’alternanza alla carica di premier e vicepremier nell’arco di 18 mesi di governo.
Con il giuramento del nuovo governo il 6 giugno 2023 Nikolai Denkov ha assunto subito il ruolo di primo ministro e Maryia Gabriel quello di vicepremier e ministra degli Esteri, che si sarebbero dovuti scambiare in primavera, prima del crollo improvviso e il nuovo ritorno anticipato alle urne – il sesto in tre anni – in concomitanza delle elezioni europee il 9 giugno. Il partito conservatore Gerb si è confermato ancora una volta prima forza mentre sono crollati i liberali di Continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica, ma non è cambiata la situazione di incertezza generale e incapacità dei partiti di trovare un compromesso di governo. Falliti i negoziati tra Gerb (membro del Partito Popolare Europeo), Movimento per i Diritti e le Libertà (della famiglia dei liberali europei dell’Alde) e C’è un popolo come questo (nuovo membro dei Conservatori e Riformisti Europei) nelle ultime settimane è emerso chiaramente lo scenario delle ennesime elezioni anticipate. Le settime in tre anni e mezzo.