Bruxelles – Non c’è pace per il fu reddito di cittadinanza. Il sussidio targato governo giallo-verde, soppresso a partire da gennaio 2024 dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, ha applicato requisiti discriminatori nei confronti di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo in Italia. È quanto emerge da una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, che chiude così una controversia tra Roma e due cittadine straniere.
Le due donne erano state accusate di aver falsificato la domanda per ottenere il reddito di cittadinanza, attestando di soddisfare il requisito di risiedere in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. In questo modo avrebbero percepito indebitamente una somma pari a poco più di 3 mila euro ciascuno. Il Tribunale di Napoli si è rivolto ai giudici di Lussemburgo per fare luce sul requisito di residenza previsto dal reddito di cittadinanza e sulla sua conformità alla direttiva europea sui cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.
La direttiva risale al 2003, e prevede che sia sufficiente un requisito di soggiorno legale e ininterrotto di cinque anni nel territorio di uno Stato membro per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo. Grazie al quale i cittadini extra-Ue posso avere accesso alla parità di trattamento con i cittadini di tale Paese, in particolare per quanto riguarda le misure riguardanti le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale.
Secondo la Corte di Giustizia dell’Ue, siamo di fronte ad una “discriminazione indiretta” nei confronti dei cittadini di paesi terzi. La sentenza è chiara: uno Stato membro “non può prorogare unilateralmente il periodo di soggiorno” richiesto dalla direttiva europea affinché un cittadino extra-Ue soggiornante di lungo periodo possa beneficiare di un trattamento paritario rispetto ai cittadini di tale Stato membro. Inoltre, la Corte ha stabilito che l’Italia non potrà sanzionare penalmente le due donne per una falsa dichiarazione riguardante un requisito di residenza che viola il diritto dell’Unione.
Ma a Bruxelles non è scevro da critiche nemmeno il nuovo Assegno di Inclusione, con cui Meloni ha sostituito la misura bandiera del governo Conte 1. Nell’analisi annuale sulla convergenza sociale, pubblicata a maggio, la Commissione europea ha previsto che la riforma meloniana comporterà “una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile (rispettivamente di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali) rispetto al regime precedente”.