Bruxelles – Il giorno dopo la tirata d’orecchie al governo Meloni su giustizia e libertà di stampa, in Italia è polemica. A sentirsi chiamato in causa, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che non ci sta: “Sorpresi e indignati per la falsa rappresentazione di alcuni organi di stampa“, ha dichiarato il Guardasigilli in una nota, puntando il dito contro “la volontà di una polemica strumentale”.
È così che, mentre la Commissione europea rileva diverse criticità relative alla libertà di stampa e alla protezione dei giornalisti nel bel Paese, il ministro della Giustizia sceglie di attaccare i quotidiani, rei a suoi dire di aver mistificato le indicazioni all’Italia contenute nel rapporto Ue sullo Stato di diritto. E di aver consapevolmente optato per non rilevare “il lavoro fatto sulla giustizia che è stato così tanto apprezzato dalla stessa Commissione”.
Evidenziatore in mano, Nordio sottolinea quei passaggi che hanno trovato meno spazio nei resoconti di ieri. In particolare in ciò che gli compete, il capitolo relativo all’indipendenza e alla qualità del sistema giudiziario. I miglioramenti nell’assunzione di nuovi magistrati e di personale amministrativo, i passi in avanti sulla digitalizzazione dei processi civili, i progressi nell’adozione di una legislazione globale in materia di conflitti di interessi. A supporto della bontà del suo lavoro, il Guardasigilli sostiene che “è stato dato atto che le politiche giudiziarie adottate a livello nazionale, in questi due anni, hanno consentito di conseguire i risultati attesi garantendo all’Italia il titolo di Stato Membro primo nel parametro valutativo della efficacia“.
Se nel rapporto sullo Stato di diritto non esistono classifiche tra i Paesi Ue, la valutazione comparativa è alla base del Justice Scoreboard, la panoramica annuale con cui la Commissione europea fornisce dati comparativi sull’efficienza, la qualità e l’indipendenza dei sistemi giudiziari dei 27. L’ultimo, pubblicato l’11 giugno 2024, mette l’Italia al primo posto in Ue per il tasso di risoluzione delle cause civili, commerciali, amministrative e di altro tipo. Oltre il 100 per cento, che significa che vengono risolte più cause di quelle in entrata. Ma il dato è relativo al 2022, decisamente troppo presto per valutare l’operato di un governo insediatosi a fine ottobre di quell’anno. Non solo: il tasso registrato dieci anni prima, e ancora nel 2021, era perfino più alto.
Nella nota, Nordio afferma inoltre che l’Italia “risulta promossa sotto tutti i parametri” di valutazione del sistema giudiziario. In particolare, nelle raccomandazioni conclusive, “non vi è alcun invito a modificare i recenti provvedimenti adottati sui reati contro la pubblica amministrazione”. Ma poche righe più in alto è una valle di lacrime, con la Commissione a constatare chiaramente che l’Italia non ha registrato alcun progresso in tre delle cinque raccomandazioni dell’anno precedente, e solamente “qualche progresso” nelle altre due.
Sui reati contro la pubblica amministrazione, nelle oltre 40 pagine dedicate all’Italia, di riferimenti ce ne sono eccome. Secondo Bruxelles “la nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico di influenza potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’indagine di frodi e corruzione”. E ancora: le modifiche proposte alla prescrizione “potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari per reati penali, compresi i casi di corruzione”. La Commissione europea ha espresso poi preoccupazione per le norme che “regolano la divulgazione di informazioni giudiziarie nei procedimenti penali”. Una bocciatura del divieto di pubblicare le intercettazioni, anch’esso facente parte della riforma della giustizia voluta da Nordio.
A rendere quasi paradossale “l’amarezza” del Guardasigilli per “la falsa rappresentazione nociva all’immagine del Paese” architettata dalla stampa, è il passaggio del rapporto Ue sulle norme sulla diffamazione. “Nessun progresso” per quel che riguarda l’introduzione di garanzie per il regime sulla diffamazione, la tutela del segreto professionale e le fonti giornalistiche, tenendo conto delle norme europee sulla protezione dei giornalisti.
Insomma, l’attacco di Nordio al racconto fatto dai giornali sullo stato della giustizia in Italia finisce per confermare un’altra tendenza colta dalla Commissione europea: il deterioramento della libertà di stampa e l’attitudine della sfera politica ad attaccare il quarto potere. “Non ci sorprende – aveva commentato ieri sera Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi), leggendo il rapporto Ue -, dai bavagli alla stampa a una legislazione punitiva nei confronti dei giornalisti professionali e del diritto dei cittadini a essere informati, le preoccupazioni sono reali”.