Bruxelles – Da lunedì a giovedì. Per Ursula von der Leyen si avvicina il momento della verità per il tentativo di confermarsi alla guida della Commissione Europea per altri 5 anni. La data e l’ora da segnare in rosso in calendario sono ‘ore 13.00, giovedì 18 luglio‘ – come deciso alla Conferenza dei presidenti dei gruppi di oggi (11 luglio) – quando i 720 eurodeputati voteranno in sessione plenaria a Strasburgo sulla nomina arrivata il 27 giugno del Consiglio Europeo per il bis alla presidenza della Commissione. Ma prima del momento decisivo per la numero uno in carica e Spitzenkandidatin (candidata di punta) del Partito Popolare Europeo alle elezioni del 6-9 giugno ci saranno ancora alcuni giorni ad alta intensità per tentare di assicurarsi la maggioranza dei voti. Che al momento sembra raggiungibile, ma non così blindata.
Le due settimane finora trascorse sono state un vero tour de force per von der Leyen, che è stata impegnata nel confronto con i presidenti dei gruppi parlamentari e con le stesse forze della maggioranza – dai popolari ai socialdemocratici, fino ai liberali – per tracciare le sue priorità per un altro quinquennio e fornire rassicurazioni sulle maggiori preoccupazioni di ciascuna famiglia europea. La maggioranza c’è, ma sul voto per la conferma della presidenza dell’esecutivo Ue è meno solida del previsto: popolari, socialdemocratici e liberali a oggi possono contare su 401 seggi – 40 in più della soglia minima di 361 – ma il rischio di franchi tiratori in plenaria è particolarmente alto.
Se si considera l’elezione del 2019, allora la stessa maggioranza – popolari, socialdemocratici e liberali – contava 444 seggi, eppure von der Leyen era stata approvata con soli 383 voti. Significa che, rispetto alla maggioranza sulla carta, era venuto meno un 13,5 per cento di eurodeputati popolari, socialisti e liberali (anche di più se si considera l’apporto decisivo dei 14 del Movimento 5 Stelle e i 26 dell’ultradestra polacca di Diritto e Giustizia). Tradotto nell’estate del 2024 – anche se i tempi sono cambiati, ma non l’incertezza – significherebbe 54 voti in meno rispetto ai 401 seggi provvisori dei gruppi del Partito Popolare Europeo (Ppe), dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e di Renew Europe: 347 voti a favore, 14 in meno della soglia minima per l’elezione.
È per questo che von der Leyen ha stretto chiaramente i rapporti con il gruppo dei Verdi/Ale (con due incontri tra il primo e il 10 luglio), che con i loro 53 membri fanno particolarmente gola, anche se ha evitato fughe in avanti eccessive per il rischio di aumentare la quota di franchi tiratori tra i suoi stessi popolari, in particolare di Forza Italia. Allo stesso tempo non ha chiuso la porta ad alcuni (ma non tutti) i 78 membri del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), dove gli indiziati principali sono i 24 eletti tra le fila di Fratelli d’Italia. Socialdemocratici, liberali e Verdi hanno ribadito la linea rossa di “nessun accordo” con l’estrema destra e il co-presidente di Ecr, Nicola Procaccini, al termine della Conferenza dei presidenti ha avvertito che “la piattaforma programmatica è troppo simile a quella degli scorsi cinque anni, a oggi questo ci porta verso un voto negativo, ma dobbiamo ancora incontrare von der Leyen”.
Tra la presidente della Commissione in corsa per succedere a se stessa e il gruppo della destra conservatrice l’incontro è previsto per martedì prossimo (16 luglio), proprio nel giorno dell’inaugurazione della legislatura e del voto della presidenza e delle vicepresidenze dell’Eurocamera, quando anche la presidente in carica, Roberta Metsola, si vedrà confermare a succedere a se stessa, a meno di sorprese dell’ultimo secondo. Il giorno prima (15 luglio) si terrà invece il confronto con il gruppo della Sinistra, che però ha già messo in chiaro che i suoi 46 membri esprimeranno un voto contrario. Giovedì a Strasburgo la numero uno del Berlaymont dovrà vincere molte scommesse: limitare il numero di franchi tiratori tra popolari, socialdemocratici e liberali, tenersi stretti i 53 Verdi, convincere una parte dei conservatori, anche grazie al favore dello scrutinio segreto. E soprattutto del via libera da Roma, come anticipato dallo stesso co-presidente di Ecr ed eurodeputato di FdI: “La decisione verrà presa sulla scorta delle indicazioni che riceveremo” dalla prima ministra, Giorgia Meloni, che in occasione del voto in Consiglio si era astenuta su von der Leyen (ma aveva votato contro le altre due nomine istituzionali di António Costa e Kaja Kallas).