Bruxelles – Capace di riunire la sinistra francese e di fare del Nuovo Fronte Popolare la prima coalizione all’Assemblea Nazionale francese, ma allo stesso tempo uno dei personaggi più divisivi della politica d’oltralpe. Il leader de La France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, vola a Bruxelles per aggiornare il gruppo della Sinistra europea sulle trattative in corso a Parigi dopo le elezioni che hanno sancito la sconfitta del Rassemblement National. E attacca Macron, “l’uomo che ha dissolto il Parlamento” ma che ancora “non chiama nessuno per costituire un governo”.
Il due volte deputato europeo – dal 2009 al 2017 – è a capo della delegazione più numerosa della Sinistra all’Eurocamera. E del partito più votato all’interno del NFP. Per questo reclama a gran voce il diritto di indicare il nome di chi siederà a palazzo Matignon, sede dell’esecutivo di Francia. A testa bassa contro la coalizione presidenziale, con cui verosimilmente dovrà cercare un’intesa governativa, ma anche contro gli altri leader del fronte di sinistra. “Su iniziativa di Olivier Faure (segretario del Partito socialista, ndr) abbiamo un accordo, cioè che il primo gruppo della coalizione propone il primo ministro“, dichiara Mélenchon.
Ma nella galassia della sinistra francese il fondatore di La France Insoumise (LFI), già candidato tre volte alle presidenziali, è sempre di più percepito come un ostacolo tra le forze progressiste e l’accesso al potere. Perché troppo radicale, troppo estremo e estremista, come quando definisce la Francia di oggi una “monarchia presidenziale” che “inventa le proprie regole man mano che il tempo passa”, avvicinandosi sempre di più “all’ancien régime dove l’unica regola era il piacere del principe”. Un esempio: la nomina del futuro commissario europeo francese. Macron vorrebbe la riconferma dell’attuale commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ma “normalmente, se c’è qualcuno di nuovo da nominare, il presidente della Repubblica dovrebbe tenere conto dei risultati elettorali”. Nella “monarchia presidenziale” francese però, “è una domanda da fare al principe”, attacca ancora Mélenchon.
Il suo integralismo difficilmente si sposa con la necessità di trovare dei compromessi tra forze politiche scaturita da un appuntamento elettorale in cui di fatto non è stato decretato alcun vincitore assoluto. Mélenchon, appresi i risultati del secondo turno che hanno consacrato il NFP come prima coalizione al Parlamento con 182 seggi, contro i 168 di Ensemble e i 143 del Rassemblement National, ha immediatamente preteso un governo che realizzi integralmente il programma del fronte progressista. Che prevede tra le altre cose il congelamento dei prezzi dei beni di prima necessità e dell’energia, l’aumento del salario minimo, l’abolizione della riforma sulle pensioni di Macron, l’aumento delle imposte sul reddito, sulla proprietà e sull’eredità, una tassazione progressiva della ricchezza e una tassazione efficace delle imprese multinazionali.
“La domanda giusta non è quanto costa” aumentare la spesa pubblica, “ma chi paga”, sostiene Mélenchon. Anche a rischio di scontrarsi con i rigidi paletti finanziari imposti da Bruxelles. Con la Francia che è stata presa di mira dalla Commissione europea, assieme all’Italia ed altri 5 Paesi membri, di una procedura per deficit eccessivo. “Non c’è che una maniera di regolare i problemi di deficit eccessivi, ed è chiaramente aumentare le entrate”, prosegue il leader di LFI. Che promette: nel governo che immagina “non ci sarà nemmeno un nuovo capitolo di spesa che non sia legata a un’entrata supplementare”.
Con lui, la capogruppo della Sinistra all’Eurocamera, Manon Aubry. Che rivendica l’importanza del risultato ottenuto da La France Insoumise alle legislative: “La vittoria del NFP in Francia è una luce nelle tenebre dell’estrema destra in Europa”, dichiara, avvertendo che il “cordone sanitario” su modello francese deve essere applicato anche a Bruxelles. Ma senza eccezioni, “nei confronti di tutti i gruppi politici di estrema destra”. Anche i Conservatori e Riformisti europei, del cui partito è presidente la premier italiana Giorgia Meloni. “Ogni volta che apriamo all’estrema destra, questa è pronta a prendere potere e pronto a monopolizzarlo”, ha aggiunto Aubry.