Bruxelles – Il rapporto sulla competitività di Mario Draghi può attendere. Quanto non è dato saperlo, perché chi l’ha commissionato, vale a dire la presidente della Commissione Ue, non si esprime. Eppure a tal proposito viene incalzata dai parlamentari europei, che chiedono di sciogliere riserve. “E’ ancora in fase di stesura“, taglia corto Ursula von der Leyen, presidente dell’esecutivo comunitario uscente in odore di secondo mandato. Una risposta aggiornata, fornita in data 8 luglio, e dunque utile a capire che se non si è in ritardo, ci si sta prendendo il tempo che si ritiene più opportuno per fare le cose per bene.
Il rapporto sulla competitività era atteso nei mesi scorsi, ma la sua presentazione è stata rinviata per motivi elettorali. Un dato sottolineato, con velata critica implicita, anche nelle file dell’ormai ex gruppo ID. Jean-Paul Garraud, europarlamentare francese che ha depositato la domanda il 30 aprile scorso, sostiene che il rapporto Draghi sarebbe “già redatto” ma la pubblicazione “è stata rinviata a dopo le elezioni europee del 9 giugno”. La risposta di von der Leyen smentisce affermazioni e insinuazioni.
“Il rapporto sul futuro della competitività europea, commissionato a Mario Draghi in qualità di consigliere speciale del presidente della Commissione, è ancora in fase di stesura”, la replica integrale di von der Leyen. Poco meno di due righe per dire che il rapporto è ancora da scrivere. Probabilmente potrebbe essere pronto per la fine di luglio, ma il vero nodo resta la pubblicazione. Non è da escludere che possa slittare a dopo la pausa estiva. Indicazioni però non se ne hanno, e la Commissione glissa.
Ci sono certamente alcuni elementi che possono spiegare il perché, se non del rinvio, della presa di tempo. Il 24 febbraio, in un incontro con i ministri dell’Economia e delle Finanze, l’ex primo ministro italiano ha lanciato l’allarme affermando che l’Unione europea ha urgente bisogno di reperire almeno 500 miliardi di euro per restare al passo di un mondo che richiede sempre più innovazione e competitività, oltre che rispondere all’esigenza della doppia transizione. Una mole di denaro che non si può chiedere ai contribuenti, ma l’idea di eurobond non piace a molti. I nodi ci sono, e sono politici. Come politica è la scelta di rinviare a data da stabilire la pubblicazione dell’atteso rapporto Draghi.