Bruxelles – Sviluppo e rilancio dei territori attraverso politiche mirate e fondi specifici. In sintesi: coesione. Una voce di spesa di bilancio Ue che rappresenta un terzo dell’intero budget pluriennale dell’Unione, e che nel ciclo di programmazione appena terminato (2014-2020) vale 409 miliardi di euro. Una cifra enorme dalla gestione lacunosa. Perché, rileva la Corte dei conti europea, “i controlli della Commissione europea e degli Stati membri sulla spesa non sono sufficientemente efficaci“, e risultano carenti “a tutti i livelli”.
Per l’esecutivo comunitario le verifiche dei revisori di Lussemburgo rappresentano una bocciatura nel sistema di gestione di fondi e il loro utilizzo. A onor del vero miglioramenti ci sono, ma non come si vorrebbe e dovrebbe. Esaminando i cicli di bilancio pluriennali del 2007-2013 e del 2014-2020, sostiene la Corte dei conti europea, il livello complessivo di errore nella spesa per la coesione è diminuito, passando dal 6 per cento al 4,8 per cento, ma ogni anno ha sempre superato la soglia di rilevanza del 2 per cento fissata dalla normativa e recentemente, per il 2022, ha raggiunto il livello mai toccato prima del 6,7 per cento.
“Commissione e Stati membri devono compiere maggiori sforzi per far sì che la spesa avvenga nel rispetto della normativa”, bacchetta Helga Berger, membro della Corte responsabile per la speciale relazione. Rilievi che da una parte investono l’esecutivo comunitario per maggior decisione nel monitoraggio delle azioni dei Paesi membri, e che dall’altra parta suonano da invito alle riforme a livello nazionale.
Come emerge dalla relazione della la Corte dei conti europea sono tre le cause principali nell’errato utilizzo dei fondi di coesione. In primo luogo un’amministrazione inadeguata, compresi un processo decisionale non idoneo e verifiche inefficienti da parte delle autorità di gestione. In secondo luogo emergono negligenza o presunto mancato rispetto intenzionale delle norme da parte dei beneficiari delle risorse. Ultra ragione di errore le problematiche di interpretazione del quadro normativo.
Più nello specifico, negli ultimi anni la maggior parte degli errori presenti nella spesa per la coesione è derivata da spese e progetti non ammissibili, con al secondo posto il mancato rispetto, da parte dei destinatari dei fondi, delle norme in materia di aiuti di Stato e di appalti. Tutto questo va corretto, e in fretta, poiché “il rischio di irregolarità nelle spese permane elevato“.
Questo richiamo è valido soprattutto per l’Italia, che a causa della questione meridionale e degli aiuti a sostegno del Mezzogiorno, si vede riconosciuto un contributo importante. Un totale di oltre 62,7 miliardi di euro sono stati concessi al Paese nel ciclo di programmazione 2014-2020, facendo dell’Italia il secondo Stato membro dell’Ue per contributo europeo più sostanzioso, dopo la Polonia (91,2 miliardi).
Che l’Italia debba rimettere mano alla pubblica amministrazione non è una novità. La commissaria per la Coesione, Elisa Ferreira, in un’intervista concessa a Eunews ha riconosciuto la necessità di offrire sostegno ad amministratori locali per gestire nel modo più efficiente e corretto una mole di risorse comunque non semplici da gestire.