Domenica 7 luglio si vota per il secondi turno delle legislative francesi, dunque il quadro europeo potrebbe cambiare, e anzi, certamente cambierà, chiunque vinca, se qualcuno vincerà.
Però ad oggi, considerando anche le aspettative fornite dai sondaggi e dalle previsioni dei seggi in Francia, si può dire che quella che molti hanno definito “l’onda della destra” in Europa è per lo meno ferma a mezz’aria, se non proprio finita contro uno scoglio. Almeno per ora.
Il successo elettorale non c’è stato, c’è stato un aumento di voti, certamente, che si è tradotto i più seggi al Parlamento europeo. La stessa cosa è successa anche al Ppe ed alla Sinistra a dire il vero, che hanno aumentato il numero dei deputati dei loro gruppi, a spese in particolare di Verdi e liberali. Il centrosinistra ha perso qualcosa, ma in sostanza ha tenuto.
La destra rappresenta ora un 25 per cento dei seggi in Parlamento e tra i ventisette capi di Stato e di Governo dell’Unione solo due (Giorgia Meloni e Viktor Orbán) si sono distinti, e neanche completamente, nel voto per i tre top jobs dell’Ue. La “maggioranza” ha certamente peccato in diplomazia, presentando ai partner un piatto noto e già cucinato, ma la sostanza è che la destra estrema non ha fatto la differenza, non ha neanche un po’ scalfito le scelte della attuale maggioranza, che si è dimostrata solidissima.
In Parlamento, lo accennavo, le destre estreme sono rimaste in minoranza, senza alcuna possibilità di entrare nella maggioranza che si sta formando per il voto sulla conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Anzi, da quanto emerge in questi giorni di trattative, sembra proprio che i voti dei quali von der Leyen ha bisogno per essere sicura di passare arriveranno dai Verdi, e non più da “qualche elemento” del gruppo Ecr, come lei stessa aveva paventato prima del voto. E questo, se la manovra diplomatica della candidata riuscirà, nonostante il “veto” del Ppe a imbarcare i Verdi. Troppo forte è l’opposizione di socialisti e liberali ad accordi con la destra estrema.
In questi giorni poi si stanno formando i gruppi parlamentari. Le notizie si sono inseguite, accordi sono stati fatti e stracciati, ma mentre dal Ppe fino alla sinistra i gruppi quelli sono, e ci sono stati solo alcuni spostamenti di deputati da uno all’altro, per lo più di singoli i piccoli gruppi, a destra del Ppe c’è grande incertezza. Il deludente esito elettorale ha messo in moto un meccanismo di separazioni di intese storiche, come quella di Fratelli d’Italia e Vox, e di riunioni inattese. Non si sa ancora che aspetto avranno i gruppi Ecr e Id la prossima settimana, con il primo che perde pezzi e il secondo che sembra morire per rinascere attorno ai deputati di Fidesz, fino ad ora relegati nei non iscritti. E potrebbe anche nascere un terzo gruppo, guidato dai tedeschi di AfD.
Anziché una destra “decisiva” probabilmente in questa legislatura ci sarà una destra ancora ai margini delle decisioni importanti, con forse l’Ecr che potrà, di tanto in tanto, diventare protagonista di qualche maggioranza, perché nel Parlamento europeo la maggioranza è storicamente “flottante”. La delusione nelle urne è stata tanta, ora la speranza per le destre estreme è nelle prossime elezioni nazionali, che forse potranno cambiare gli equilibri nel Consiglio, e dunque rimettere tanto in discussione. Ma è cosa che ancora deve avvenire.