Bruxelles – Il tour de force è iniziato e ora per Ursula von der Leyen è il tempo di tirare le fila delle forze parlamentari che potranno sostenere fra poco più di due settimane le sue ambizioni di succedere a se stessa alla guida della Commissione Europea per altri cinque anni. “Importante scambio di opinioni con la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, e con i presidenti dei gruppi politici“, è il commento a caldo dell’attuale numero uno dell’esecutivo Ue al termine del confronto di questa mattina (2 luglio) alla Conferenza dei presidenti dei gruppi, servito come base di discussione delle “priorità del prossimo ciclo istituzionale” prima del cruciale voto alla sessione inaugurale a Strasburgo il 18 luglio.
Dopo aver ricevuto giovedì scorso (27 giugno) il via libera del Consiglio Europeo alla sua nomina come candidata alla presidenza della Commissione Europea, per von der Leyen si prospetta lo scoglio del Parlamento Europeo, dove la maggioranza c’è, ma sul voto per la conferma della presidenza dell’esecutivo Ue è meno solida del previsto. Perché popolari, socialdemocratici e liberali a oggi possono contare su 400 seggi – 39 in più della soglia minima – ma il rischio di franchi tiratori in plenaria è particolarmente alto e queste due settimane serviranno prima di tutto per convincere i 400 eurodeputati di maggioranza a non fare un passo indietro, ma anche per convincerne altri. “Mi impegno a lavorare fianco a fianco con il Parlamento Europeo per continuare a fornire risultati a favore dei cittadini e rendere l’Europa più forte”, ha assicurato von der Leyen.
Se si considera l’elezione del 2019, allora la stessa maggioranza contava 444 seggi, eppure von der Leyen era stata approvata con soli 383 voti. Significa che, rispetto alla maggioranza sulla carta, era venuto meno un 13,5 per cento di eurodeputati popolari, socialisti e liberali (anche di più se si considera l’apporto decisivo dei 14 del Movimento 5 Stelle e i 26 dell’ultradestra polacca di Diritto e Giustizia). Tradotto nell’estate del 2024 – anche se i tempi sono cambiati, ma non l’incertezza – significherebbe 54 voti in meno rispetto ai 400 seggi provvisori dei gruppi del Partito Popolare Europeo (Ppe), dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e di Renew Europe: 346 voti a favore, 15 in meno della soglia minima per l’elezione.
Mentre la formazione dei gruppi non può dirsi ancora completa – soprattutto a causa del subbuglio creato nel campo della destra dopo l’annuncio della nascita del nuovo gruppo dei ‘Patrioti per l’Europa’ – von der Leyen sta guardando in due direzioni: i 54 membri del gruppo dei Verdi/Ale e alcuni (ma non tutti) tra gli 83 membri del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr). Si tratta di un equilibrio delicatissimo, perché l’apertura alla destra conservatrice – indiziati principali sono i 24 eletti tra le fila di Fratelli d’Italia – potrebbe aprire crepe con socialdemocratici e liberali, mentre dall’altra un puntellamento dei Verdi potrebbe tradursi in una fuga di voti degli stessi popolari. È su questo che von der Leyen sta lavorando e, in attesa di capire la composizione dei gruppi di destra tra domani e l’8 luglio, è già in corso il confronto con le forze progressiste e in particolare con i Verdi, con cui si è incontrata ieri (primo luglio): “Credo che comincerebbe un gioco pericoloso nel momento in cui inizia a pescare da Ecr“, ha avvertito il co-presidente del gruppo dei Verdi/Ale, Bas Eickhout, parlando con la stampa al termine della riunione: “Perché magari puoi guadagnare 25 deputati della delegazione italiana, ma ne perdi una ventina dagli S&D, e non sarebbe una maggioranza stabile”.
Sulla “maggioranza stabile” ha insistito con forza il co-leader dei Verdi/Ale, gruppo che – nonostante la forte battuta d’arresto alle elezioni europee del 6-9 giugno e il calo a 54 seggi – da settimane invoca la “responsabilità” di sostenere la maggioranza. “Bisogna guardare ai gruppi politici nel loro complesso, e secondo i miei calcoli l’unica possibile stabilità è con i Verdi”, ha precisato Eickhout a proposito dell’accordo formale da stringere prima del voto, a condizione che non apra “a Ecr o a parti di esso”. C’è comunque soddisfazione per le prime priorità del prossimo ciclo elencate da von der Leyen, in particolare sul Green Deal: “So che il suo partito non è stato sempre chiaro su questo punto, ma lei stessa ha sottolineato che è a favore” di continuare ciò per cui la Commissione von der Leyen I verrà ricordata. Tra le priorità c’è anche cambiamento climatico, Europa sociale, prosperità, sicurezza, Stato di diritto, democrazia, “una lista molto logica”, ha concluso l’eurodeputato olandese, a cui ha fatto eco la presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez: “Ha parlato di Green Deal, di competitività, di ruolo geopolitico dell’Ue e di altre questioni rilevanti, ha introdotto questioni importanti per le forze politiche pro-europee”. A questo punto “dobbiamo scendere nei dettagli, ma avremo l’opportunità di incontrarla separatamente“, ha anticipato l’eurodeputata spagnola.