Bruxelles – È arrivata l’attesa vittoria dell’estrema destra al primo turno delle elezioni legislative in Francia. Il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, alleato con il presidente dei Repubblicani, Eric Ciotti, ha ottenuto il 33,2 per cento dei voti. Staccando di cinque punti percentuali il fronte di sinistra, al 28,1 per cento, e di oltre dieci la coalizione attorno al presidente Macron, Ensemble, ferma al 21 per cento.
Ma l’affluenza record, con due francesi su tre aventi diritto che si sono recati alle urne, è croce e delizia per Le Pen: da un lato rende ancora più significativo il risultato, dall’altro – viste le regole del sistema elettorale transalpino – ha fatto sì che un gran numero di candidati si qualificasse per il secondo turno. Dei 577 seggi da rinnovare all’Assemblea Nazionale, al primo turno ne sono stati occupati solo 76. Da questa prospettiva, la distanza attuale tra i due schieramenti principali si assottiglia: in 39 circoscrizioni sono già stati eletti candidati del Rassemblement National (RN), in 32 quelli del Nuovo Fronte Popolare (NFP).
Ci sono poi 190 circoscrizioni in cui il secondo turno sarà un duello tra due candidati. Di questi, 67 seggi sono in bilico tra RN e NFP. Ma la partita si giocherà nei ben 306 distretti – nel 2022 erano stati solo 7 – in cui le urne hanno configurato un ballottaggio triangolare. Addirittura, in cinque circoscrizioni si sono assicurati il secondo turno quattro candidati.
Questo dato dà la misura dell’incertezza reale che ruota attorno al voto di domenica prossima e ai possibili scenari all’Assemblea nazionale. È qui, e soprattutto nelle 244 circoscrizioni che vedranno opporsi RN, NFP e Ensemble e nelle 46 in cui avranno voce in capitolo anche i Repubblicani, che si deciderà se e chi raggiungerà i 289 seggi necessari per ottenere la maggioranza al Parlamento francese. Tant’è che anche le proiezioni degli istituti più autorevoli, questa mattina, tratteggiano una forbice tra i 240 e i 310 seggi per l’estrema destra di Le Pen.
Già ieri sera sono partiti i primi appelli al ritiro. Il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha assicurato che il suo partito – colonna portante del fronte di sinistra – ritirerà i suoi candidati dove è arrivato terzo e dove l’estrema destra è in testa al primo turno. Assicurando così il voto alla coalizione liberale di Macron. “Neppure un voto andrà al Rn, ovunque saremo terzi ritireremo il nostro candidato“, ha dichiarato Mélenchon da Parigi, in una Place de la Republique gremita di sostenitori progressisti.
Più ambigua la posizione dell’alleanza di governo. Macron ha lanciato l’appello “all’unione repubblicana”, chiedendo ai suoi di studiare ogni singolo collegio elettorale della Francia per trovare alleanze “caso per caso” per fare muro contro l’estrema destra. Ma alcuni, tra cui Edouard Philippe, leader del partito di centro-destra Horizons, si sono detti disposti al ritiro a favore di un candidato di sinistra, a meno che non si tratti di un candidato di La France Insoumise. I Repubblicani ‘gollisti’, quelli che non hanno seguito Ciotti, hanno annunciato che non daranno ai loro elettori alcuna indicazione di voto.
La sera del 7 luglio, gli scenari all’orizzonte sono diversi e incerti a Parigi. Il delfino di Marine Le Pen, Jordan Bardella, potrebbe diventare primo ministro con la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea Nazionale, costringendo Macron ad una scomodissima coabitazione. Se invece l’estrema destra ottenesse solo una maggioranza relativa, la Francia rischierebbe l’ingovernabilità, con qualsiasi proposta legislativa del RN a rischio bocciatura da parte dell’opposizione. C’è un terzo scenario: nel caso reggano gli appelli al ritiro dei leader di sinistra e di Macron, il Fronte popolare potrebbe conquistare la maggioranza, anche relativa. In quel caso, si aprirebbero sorprendentemente le porte del governo francese a un premier di sinistra.