Bruxelles – Era nell’aria da settimane, ma ora a mettere il punto sulle ambizioni della Georgia di essere “pronta più di qualsiasi altro Paese candidato per l’adesione entro il 2030” (come rivendicato a febbraio dal premier, Irakli Kobakhidze) è lo stesso organismo collettivo che definisce priorità e indirizzi politici dell’Unione Europea. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a chiarire le proprie intenzioni invertendo l’attuale rotta che mette a rischio il percorso della Georgia nell’Ue, determinando di fatto un arresto del processo di adesione“, si legge nelle conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue, che riservano quattro punti alla “seria preoccupazione per i recenti sviluppi” politici nel Paese candidato all’adesione Ue.
È in particolare l’adozione di metà maggio della legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria a rappresentare “un passo indietro rispetto a quanto stabilito nella raccomandazione della Commissione per lo status di candidato”, che a questo punto mette un freno pesante sulla strada di avvicinamento all’ingresso nell’Unione, nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dallo stesso Consiglio Europeo. Anche perché c’è poi da considerare i “i crescenti atti di intimidazione, minacce e aggressioni fisiche contro rappresentanti della società civile, leader politici, attivisti civili e giornalisti in Georgia”, avvertono i Ventisette, che su questo punto non hanno riscontrato le stesse difficoltà per la definizione di una posizione comune come si erano invece viste in occasione della risposta di condanna all’adozione della legge lo scorso 14 maggio. Perché per l’Unione c’è una chiara differenza tra governo e stragrande maggioranza dei cittadini pro-Ue, e per questo motivo i 27 leader ribadiscono la “disponibilità a continuare a sostenere i georgiani nel loro percorso verso un futuro europeo”.
È qui che si apre il nuovo capitolo della sfida politica a Tbilisi tra il partito al potere Sogno Georgiano e i cittadini scesi in piazza ininterrottamente per settimane in opposizione alla legge considerata di diretta emanazione del Cremlino. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a garantire che le elezioni parlamentari del prossimo autunno siano libere ed eque“, incoraggiando una “sostanziale osservazione elettorale a lungo e breve termine da parte dei partner”. Il riferimento è alle prossime elezioni legislative del 26 ottobre, su cui si sta organizzando una piattaforma comune dei partiti di opposizione a Sogno Georgiano attorno alla ‘Carta georgiana’ presentata a fine maggio dalla presidente, Salomé Zourabichvili. Diverse formazioni politiche hanno già confermato di correre sotto lo stesso ombrello politico (con candidati comuni o diversi, ma comunque alleati) con l’obiettivo dichiarato di “ripristinare il processo di adesione all’Ue e aprire i negoziati di adesione il più presto possibile“. Visto che ora sono – come definito dal Consiglio Europeo – “di fatto” congelati.
La legge sugli agenti stranieri in Georgia
Dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato il 28 maggio dalla sessione plenaria del Parlamento.
Prima della legge sugli agenti stranieri
Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.
Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.
In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.