Bruxelles – Dopo nemmeno 20 giorni dal voto europeo che ha consacrato l’ascesa del Rassemblement National, la Francia torna alle urne per scacciare lo spauracchio dell’estrema destra al potere all’Assemblea nazionale. Già domani (29 giugno) nei territori d’oltre mare, poi domenica nell’esagono, la partita in palio è di dimensioni storiche. Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, nella notte del vertice europeo a Bruxelles ha lanciato un ultimo appello ai cittadini: “Dobbiamo lottare con forza e indignarci” con chi – secondo lui – “tradisce ciò che è la Francia”.
Sul leader liberale, che ha convocato nuove elezioni dopo la debacle del suo Renaissance alle elezioni europee del 9 giugno, sono piovute dure critiche per una decisione che potrebbe di fatto consegnare il Parlamento francese alla destra radicale. E costringere Macron ad una scomodissima coabitazione con l’esecutivo, capace di paralizzare la politica francese. In queste tre settimane di frenetica campagna elettorale, è successo di tutto. La mobilitazione della sinistra francese sotto il cappello del Nuovo fronte popolare, in cui sono confluiti la France insoumise, il Partito comunista, gli Ecologisti, il Partito socialista e Place Publique, e il clamoroso endorsement al Rassemblement National da parte del leader della destra moderata francese, Eric Ciotti. Per cui quest’ultimo è stato prima espulso dal partito Repubblicano, salvo poi essere reintegrato da un giudice.
Ancora più a destra, e incapace di stringere un accordo con Marine Le Pen e l’astro nascente della destra francese Jordan Bardella, c’è Reconquête, il partito di Éric Zemmour, che ha deciso di correre in solitaria. In mezzo a questo terremoto politico, la coalizione della maggioranza presidenziale, Ensemble, che sembra essere relegata a un ruolo di sparring partner nell’attuale ecosistema iper polarizzato francese.
Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, condotto dal 21 al 24 giugno, i candidati del Rassemblement National sarebbero saldamente in testa con il 36 per cento dei voti, davanti al Nuovo Fronte Popolare al 29 per cento. Staccata di circa dieci punti percentuali, al 19,5 per cento, la coalizione di governo. I repubblicani di Ciotti sarebbero all’8 per cento, mentre Reconquête all’1,5 per cento. Ma nel sistema elettorale francese, uninominale maggioritario a doppio turno, a fare la differenza sarà con ogni probabilità la seconda chiamata alle urne, prevista per il 7 luglio.
Per alcuni osservatori in Francia, con il doppio turno, il primo sia per molti elettori un voto di pancia ed il secondo un voto di testa. Lì saranno decisive le indicazioni di voto dei grandi esclusi. Se i Repubblicani sono spaccati, con Ciotti e i suoi fedeli pronti a rompere il ‘cordone sanitario’ e appoggiare l’estrema destra e l’altra corrente che ha deciso di correre contro il Rassemblement National già al primo turno, la differenza potrà farla quel 20 per cento di elettorato che verosimilmente voterà per la coalizione di Macron al primo turno. E su questo, il presidente della Repubblica francese ieri non ha lasciato spazio a fraintendimenti.
Alla domanda se darà istruzioni per il secondo turno in caso di duelli tra i candidati di Rassemblement national e quelli della coalizione di sinistra del Nuovo Fronte Popolare, Macron ha risposto: “Ho chiesto che i leader politici si esprimessero con la massima chiarezza. E lo faranno”. Accusato da molti esponenti della sinistra francese di aver ingiustamente equiparato la sinistra radicale all’estrema destra, il presidente ha precisato: “Ho avuto modo di dire che nell’estrema sinistra ci sono stati commenti sull’antisemitismo, sulla violenza, sull’antiparlamentarismo che disapprovavo, che andavano oltre l’arco repubblicano, ma non create confusione generale con tutti gli altri gruppi politici“.
D’altra parte, l’all-in di Macron potrà risultare vincente nel caso in cui i candidati della maggioranza riusciranno ad accedere al ballottaggio: in quel caso, il presidente può fare affidamento proprio su quell’estrema polarizzazione dello spettro politico francese che lo sta relegando ai margini. E cioè sul fatto che gli elettori di destra che si trovano davanti la scelta tra il centro e la sinistra votino per il suo candidato, e allo stesso tempo che un elettore del Nuovo fronte popolare voterà il candidato centrista e non quello dell’estrema desta.