Bruxelles – Avanti con il rilancio dell’industria delle difesa, con l’incognita finanziaria tutta da sciogliere e su cui ci si dà appuntamento al prossimo anno. I capi di Stato e di governo dell’Ue confermano l’intenzione di rilanciare il comparto industriale del settore, divenuto una necessità alla luce delle turbolenze geopolitiche, ma con un esecutivo comunitario in fase di scioglimento e ricomposizione, il tutto è inevitabilmente rinviato al 2025.
Le conclusioni del vertice del Consiglio europeo danno indicazioni di massima, eppur chiare. “Il Consiglio europeo invita la Commissione e l’Alto rappresentante a presentare opzioni sviluppate, che saranno discusse dal Consiglio, per i finanziamenti pubblici e privati volti a rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa e ad affrontare le carenze critiche in termini di capacità”.
Rispetto alle scorse riunioni dei leader non sembra essersi mosso granché. Il vero nodo sono risorse che non ci sono, come già emerso negli impegni di sostegno all’Ucraina che ha messo a nudo i limiti di un’Ue ambiziosa ma in difficoltà in termini di soldi. C’è un blocco di Paesi (Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, e la Germania che fa capofila) contraria all’idea di strumento di spesa comune nel settore. L’imperativo è certamente “spendere meglio” e “aumentare la spesa nella difesa”, espressione, quest’ultima, che vuole impegni nazionali.
In realtà i leader europei lasciano il tavolo con gli stessi ritardi di sempre. Ritardi politici, innanzitutto. La necessità di un cambio di passo in materia di difesa risale a quasi dieci anni. Era il 2015 quando Jean-Claude Juncker, allora presidente della Commissione Ue, invitava gli Stati membri a procedere verso un esercito europeo per mandare un messaggio a Mosca. Quello che è cambiato da allora è soprattutto nelle politiche del Cremlino nel deterioramento dei rapporto con una federazione russa contro cui l’Ue, al netto degli impegni e dei proclami, sta lavorando molto poco in termini pratici.
L’esercito europeo non si farà, anche perché i progressi in materia di integrazione nell’ambito della difesa, viene messo nero su bianco, dovranno avvenire “fatto salvo il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri”. Avanti in ordine sparso, dunque. Cercando di capire dove e come trovare i soldi, con calma, e facendo leva sulla Banca europea per gli investimenti. Il Consiglio europea invita la Bei “a valutare e adattare ulteriormente, ove opportuno, la sua politica di prestiti all’industria della difesa, salvaguardando nel contempo la sua capacità di finanziamento”. AAA difesa cercasi. Ma si continua a cercare ancor più il modo di sostenerla.