Bruxelles – Aspettando il rapporto Ue sullo stato di diritto, arriva l’allarme dal Centro per il pluralismo dei media dell’Istituto universitario europeo. In Europa c’è un “chiaro peggioramento” della libertà di stampa. Nessun Paese immune. L’andamento è “preoccupante” in Italia: da un lato crescono le cause contro i giornalisti, avviate anche da funzionari governativi, dall’altro nel 2023 il servizio pubblico ha subito una “palese operazione di occupazione da parte delle forze politiche di maggioranza”.
Doccia fredda per il governo di Giorgia Meloni, in quella che potrebbe essere un’anticipazione delle conclusioni che trarrà sull’Italia anche il rapporto della Commissione europea, atteso per il 24 luglio. Il rapporto annuale che misura la situazione dello stato di diritto nei Paesi membri era inizialmente previsto per il 3 luglio. Ma l’esecutivo Ue ha preferito mettere in stand-by la sua adozione da parte del Collegio dei commissari, almeno fino a quando saranno chiusi i giochi per la rielezione alla presidenza della Commissione europea.
Ma già quanto emerge dal Media Pluralism Monitor relativo al 2023 crea un certo imbarazzo sul tentativo di Ursula von der Leyen di cercare il sostegno – e elargire concessioni – ad alcuni leader di estrema destra che nel proprio Paese stanno cercando di imbrigliare i media. Prima fra tutti, la premier italiana, Giorgia Meloni.
Insieme a Croazia, Albania e Grecia, l’Italia è uno dei Paesi in cui si verifica un “crescente numero di cause legali vessatorie” contro la stampa. Le cosiddette Slapp, le querele temerarie, su cui le istituzioni europee hanno da poco legiferato con una nuova direttiva. Ma anche pressioni e minacce, in aumento rispetto ai rapporti precedenti. Inoltre, “le riforme in corso delle leggi penali sulla diffamazione e le protezioni legali contro le querele temerarie contribuiscono all’aumento del rischio”.
Per quanto riguarda l’indipendenza dei media dal potere politico, è una valle di lacrime sia nel pubblico che nel privato. Se il fattore di maggiore criticità rimane l’indipendenza dei media del servizio pubblico, che nel 2023 “hanno subito una palese operazione di occupazione da parte delle forze politiche di maggioranza”, non va meglio nel privato, dove “alcuni importanti media sono sotto influenza politica indiretta“. Non sono passati inosservati né gli attacchi del governo Meloni alla Rai – il caso Scurati, le dimissioni di Carlo Fuortes dalla carica di amministratore delegato, le nuove regole adottate dal governo sulla par condicio, per citarne alcuni – né la trattativa per l’acquisizione di Agi, la seconda agenzia giornalistica italiana, da parte del gruppo Angelucci, di proprietà del deputato leghista Antonio Angelucci.