Bruxelles – Agenda strategica, difesa e suo finanziamento, e poi rinnovo dei vertici istituzionali. Tutti temi delicati, sensibili, potenzialmente esplosivi per un’Unione europea che vuole evitare strappi. Il summit dei capi di Stato e di governo all’insegna a metà tra necessità di andare avanti e cautele del caso. Non sarà un appuntamento semplice, quello in programma domani e dopodomani a Bruxelles (27 e 28 giugno). Il vertice dei leader non sembra iniziare nel migliore dei modi, per un accordo sui cosiddetti ‘top jobs’, le alte cariche Ue, annunciate in anticipo lasciando fuori dalla partita negoziali alcuni leader, tra cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
In alcune capitali ci sono malumori per un’intesa che plana di fatto sul tavolo, a giochi fatti in altre sedi. Ma, fanno notare a Bruxelles, sulle nomine vige la regola della maggioranza, e se i partiti che pensano di avere la maggioranza – nello specifico popolari (Ppe), socialisti (Pse) e liberali (Re) – fanno una proposta, questa si vota. Le principali famiglie politiche tirano dritto, anche al netto di un’agenda fitta, ma creando qualche frizione per una mossa considerata come una forzatura e “un capovolgimento della logica” post-elettorale e inclusiva tipica dello spirito comunitario, confidano fonti.
A meno di sorprese il pacchetto delle nomine istituzionali non dovrebbe saltare, anche perché Ursula von der Leyen alla testa dell’esecutivo comunitario, Antonio Costa per il Consiglio e Kaja Kallas per il ruolo di Alto rappresentante “sono gli stessi nomi che si facevano da mesi”, si ricorda a Bruxelles. E poi, far saltare il tavolo su un punto all’ordine del giorno, rischia di far saltare l’intero banco.
L’agenda strategica, con gli obiettivi per il nuovo quinquennio, è definita ma non definitiva. Non piace proprio a tutti e non piace del tutto, e chi non ne ha fatto mistero è la delegazione ungherese, disposta comunque a discuterne. “Dall’Ungheria non abbiamo ricevuto avvertimenti di veto, ma emendamenti“, sottolineano fonti europee vicine al dossier. Sottolineature non casuali, che servono a ribadire che voglia di risultati ci sono. Altre fonti diplomatiche confermano che “si lavora per modifiche” a un testo, quello dell’agenda strategica, per cui è richiesta l’unanimità, in quanto allegato alle conclusioni del vertice.
Queste ultime devono tenere conto di altri temi. Uno di questi è il Medio Oriente, che pone questioni di terminologie e formule ancora tutte da certificare. “La situazione è complessa e il nodo è il linguaggio”, a volerla sintetizzare come fatto dagli addetti ai lavori, che sono gli stessi pronti a scommettere su una discussione “animata” in materia di difesa. Perché su questo capitolo, anch’esso in agenda, il tema è quello delle risorse per stimolare industria e inter-operabilità dei diversi sistemi militari. I Paesi nordici chiudono all’idea di strumenti di debito comune per finanziare le politiche di sicurezza e difesa. , e la Commissione, complice anche una von der Leyen ancora in campagna elettorale e a caccia di riconferma, ha deciso di rinviare la presentazione della sua relazione contenente le diverse possibili opzioni. E’ prevista una presentazione orale, che rappresenta una via d’uscita da un terreno che poteva divenire ancor più scivoloso e accidentato di quello che è.
I capi di Stato e di governo si muovono come se chiamati a dover camminare sulle uova. Per romperle nel paniere a dodici stelle basta poco, ma la consapevolezza generale c’è, e questo aiuta a rimanere sui binari del lavorio tecnico come politico. Vero è che solo all’ultimo si saprà quale sarà il vero ordine di discussione. Da bozza di programma si dovrebbe affrontare prima la questione agenda strategica per poi concentrarsi sulle nomine, ma l’ordine potrebbe essere invertito.
Alla fine i Ventisette dovrebbero farcela a evitare brutte figure e chiudere intese, magari non dettagliate e su cui continuare a lavorare, ma il meeting che si affaccia appare meno agevole del preventivato. Che non vuol dire impossibile, ma che serviranno nervi saldi e attenzione.