Bruxelles – Il governo italiano mette in chiaro il bottino che vuole ricevere a livello di nomine Ue, entrando nella settimana che si chiuderà con il vertice dei capi di stato e di governo in cui è previsto l’accordo sui top jobs delle istituzioni europee. “Credo che l’Italia non possa non avere un vice presidente della Commissione europea e non possa non avere un commissario con un portafoglio di peso“, dichiara Antonio Tajani all’arrivo al Consiglio Ue Affari Esteri a Lussemburgo.
Due volte commissario europeo (e vice presidente della Commissione), già presidente dell’Eurocamera, vicepremier e leader dell’unico partito della maggioranza di governo che fa parte del gruppo politico europeo più forte, i popolari. Tajani fissa le richieste perché è l’uomo più indicato e più autorevole a Bruxelles per farlo. “Ritengo che un Paese fondatore, per il ruolo che ha la seconda manifattura d’Europa, abbia giustamente il diritto di avere un riconoscimento di alto livello”, rivendica. E quindi un vicepresidente della Commissione europea – attualmente ce ne sono otto, tra cui tre vicepresidenti esecutivi e l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri -, in sostanza un ‘supercommissario’, che rappresenta il presidente in sua assenza e che solitamente prende in mano i portafogli più delicati e influenti. Tajani mette i puntini sulle i: “Credo che questo sia il minimo che possa chiedere e pretendere il nostro Paese anche perché negli ultimi 5 anni non abbiamo avuto un vice presidente”.
Se all’incarico di vicepresidente potrebbe – perché no – puntare proprio l’attuale vicepremier, Tajani spezza comunque una lancia in favore di Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari europei e fedelissimo della premier Giorgia Meloni. “Vediamo quelle che saranno le decisioni del governo. Se lo chiedete a me, Fitto sarebbe un eccellente commissario, perché ha conoscenza, esperienza. È una cosa che dico da sempre”, conferma il leader forzista. Ma il toto-nomi è in secondo piano, perché l’importante è assicurarsi che Bruxelles “riconosca il peso del nostro Paese a livello comunitario” e “il fatto che in Italia c’è un governo stabile, il più stabile di tutta l’Ue“. I dati elettorali supportano la tesi di Tajani: se i governi di Francia e Germania scricchiolano, in Italia le urne “hanno confermato la solidità della maggioranza”.
Alternanza socialisti-popolari al Consiglio e all’Eurocamera
Per una destra italiana così lanciata, sarebbe un paradosso trovarsi di fronte a un presidente del Consiglio europeo italiano e progressista. Enrico Letta, il nome che sta circolando a bassa voce viste le resistenze di alcuni governi sull’ex premier portoghese Antonio Costa. “Toccherà ai socialisti fare delle proposte ufficiali e poi si vedrà“, glissa Tajani sull’ex segretario del Pd, che negli ultimi mesi ha stretto contatti con tutte le cancellerie europee per redigere il rapporto sul futuro del mercato unico Ue di cui l’aveva incaricato Ursula von der Leyen. Sul socialista portoghese, nome forte per la guida dell’istituzione che riunisce i capi di stato e di governo dei 27, Tajani spiega: “La valutazione è in corso, avremo un summit del Partito popolare europeo giovedì mattina prima del Consiglio europeo e ne parleremo”. Per alcuni leader di destra, Costa sarebbe problematico perché non allineato con le dure politiche migratorie dell’Ue. “Devono esserci garanzie anche sulla questione ucraina”, ha aggiunto il vicepremier italiano.
Ad ogni modo, Tajani spinge per un’alternanza tra socialisti e popolari alla presidenza del Consiglio. “Io ritengo che sarebbe giusto avere, dopo due anni e mezzo di presidenza del Consiglio a guida socialista, due anni e mezzo a guida popolare, perché bisogna tenere conto del voto dei cittadini europei”. Così come all’Eurocamera, dove la popolare Roberta Metsola ha la strada spianata per esserne confermata alla guida. I negoziatori del Ppe, durante il vertice informale dei leader dello scorso 17 giugno, avevano alzato la posta e chiesto un intero mandato a guida popolare per l’Eurocamera. Ma Tajani rientra nei ranghi: l’alternanza di due anni è mezzo “è la prassi al Parlamento e deve diventare la prassi anche al Consiglio“. Una staffetta che riaprirebbe i giochi anche per il Partito Democratico, primo partito nel gruppo socialista e a cui – vista la probabile rinuncia dem al ruolo di capogruppo – spetterebbe a quel punto la presidenza dell’Eurocamera.
La casella dell’Alto rappresentante per gli Affari Esteri è destinata ai liberali. Con la premier estone Kaja Kallas in pole position. Una proposta “di livello”, ma Tajani avvisa: l’importante è che il capo della diplomazia europea – ora il socialista spagnolo Josep Borrell – “tenga conto anche della questione mediterranea e meridionale e non solo di quella orientale”.
Per continuare a sedersi sulla poltrona più prestigiosa, quella di presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen dovrà mettere insieme i voti necessari per la fiducia del Parlamento europeo. Secondo Tajani i popolari “dovrebbero guardare con attenzione ai conservatori” per raggiungere una maggioranza sicura. Mentre “è impossibile aprire ai Verdi”. Perché “l’Europa ha già deciso” e “il voto è stato molto chiaro”. Ma i socialisti – imprescindibili per un secondo mandato a guida popolare di von der Leyen – hanno tracciato e ribadito la loro linea rossa: gli alleati di Tajani in Italia e le loro famiglie politiche europee non possono entrare a fare parte della maggioranza.