Bruxelles – Fa male alla qualità, alla salute, all’occupazione. Il libero commercio agli italiani proprio non piace, tanto che lo bocciano senza appello. Mentre la Commissione europea ha il suo bel da fare per convincere dell’importanza del multilateralismo e dell’apertura commerciale con il resto del mondo, l’Italia si mostra più scettica di tutti sull’utilità e il ritorno positivo del commercio. Appena il 45 per cento degli italiani intervistati ritiene che gli scambi commerciali producano benefici. Nessuno, tra i 27 popoli dell’Unione europea, è più scettico di quello del Belpaese. E solo la Slovenia (49 per cento) ha una percezione non positiva della cooperazione commerciale.
Il nuovo sondaggio Eurobarometro realizzato sul tema rileva dunque un’italianità tendente a bocciare un modello di globalizzazione considerata come dannosa. Una controtendenza netta, visto e considerato che in media sei europei su dieci (62 per cento) difendono il commercio e spingono per continuare in questa direzione. Per gli italiani, invece, sono più i rischi delle opportunità. Nello Stivale una persona su cinque (22 per cento) vede nel troppo commercio internazionale una ricaduta negativa per i posti di lavoro. ‘Il commercio genera la disoccupazione’: questo il pensare di una fetta di uomini e donne d’Italia. A cui si aggiungono quei tre italiani su dieci (31 per cento) che vedono nell’eccesso di flussi di merci una riduzione della qualità del prodotto finito.
Non finisce qui. Da nord a sud del Paese si vede nell’apertura del mercato unico un’esposizione eccessiva alla concorrenza. Tanto che la maggioranza degli intervistati (56 per cento) mette paletti e chiede di imporre limiti alle importazioni che possono danneggiare il ‘made in’ nei vari settori economici nazionali ed europei, siano essi agricoltura o industria. Non a caso la prima risposta che si sceglie (47 per cento), tra la rosa di opzioni indicate per descrivere il futuro dei negoziati commerciali dell’Ue, è quella che esorta l’Unione europea a proteggere imprese e consumatori prima di chiudere un qualunque accordo di libero scambio.
Al tempo stesso, però, gli italiani vorrebbero che operatori stranieri venissero a fare affari nel Paese. Due persone su tre (66 per cento) si dicono disposte ad aprire il Paese ad investitori extra-Ue. E una persona su due (50 per cento) si dice anche favorevole a svendere ‘i gioielli di famiglia’, cedendo imprese italiane a gruppi stranieri.
Valdis Dombrovskis, commissario per il Commercio, accetta la sfida che pone l’Italia: “Dobbiamo fare ancora molto di più per spiegare meglio agli europei il valore aggiunto del commercio e sfatare le idee sbagliate“. Il commercio, insiste, “ha un ruolo da svolgere nel proteggere i consumatori, i produttori e gli agricoltori europei, nonché nel rafforzare la competitività e la sicurezza economica dell’Ue”.