Bruxelles – Mentre Renew Europe faceva piani per provare il controsorpasso al gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) come terza forza al Parlamento Ue, da Praga è arrivata la doccia gelata per i liberali europei. “Sulla base dei negoziati siamo giunti alla conclusione che Renew e Alde hanno semplicemente posizioni diverse rispetto al movimento Ano“, sono le parole dell’ex-premier ceco e leader del controverso partito populista di orientamento liberal-conservatore Ano 2011 (Azione dei Cittadini Insoddisfatti), Andrej Babiš, che oggi (21 giugno) alla Camera dei Rappresentanti della Repubblica Ceca ha chiuso definitivamente l’esperienza del suo partito sia nel Partito dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa (Alde) sia nel gruppo di Renew Europe all’Eurocamera.
“Siamo andati alle urne per lottare contro l’immigrazione clandestina e per cambiare il Green Deal, che sta distruggendo l’industria e l’agricoltura europea e ha un impatto negativo sui nostri cittadini”, ha attaccato Babiš, ben noto a Bruxelles soprattutto per i suoi conflitti di interesse quando era primo ministro della Repubblica Ceca tra il 2017 e il 2021. Ma il vero punto di rottura che ha spinto la dirigenza di Ano 2011 a decidere la fuoriuscita dalla famiglia europea dei liberali è quello che interessa il contrasto con le posizioni europeiste e federaliste dell’Alde e di Renew Europe. Un nodo politico non più risolvibile (da anni), come sottolineato dalla presidente del gruppo di Renew Europe al Parlamento Ue, Valérie Hayer, commentando la notizia arrivata da Praga: “Si tratta di un divorzio atteso da tempo, Ano ha scelto un percorso populista che è incompatibile con i nostri valori e la nostra identità”. In particolare “nell’ultimo mese la loro divergenza dai nostri valori è aumentata in modo esponenziale e ne siamo stati testimoni con grande preoccupazione”, ha sottolineato l’eurodeputata francese, ribadendo che “la partenza di Ano rafforza i nostri valori europeisti e la nostra unità“.
Un chiaro ammiccamento ai 5 eurodeputati di Volt, che hanno già espresso l’intenzione di rimanere nel gruppo dei Verdi/Ale ma sono in attesa del responso degli iscritti per un eventuale passaggio al gruppo di Renew Europe (la comunicazione arriverà il 24 giugno in mattinata). La strada è tutta in salita, ma con l’addio di Ano 2011 i liberali europei proveranno a giocarsi tutte le carte rimaste per convincere i due olandesi e tre tedeschi della bontà del loro progetto europeista: venuta meno la criticità della presenza dei 7 cechi, rimane però la questione del via libera dei liberali olandesi al governo con l’estrema destra nei Paesi Bassi. Dopo aver subito il sorpasso dalla destra conservatrice mercoledì (19 giugno) come terzo gruppo all’Eurocamera, Renew Europe si è trovata con 3 seggi di scarto da recuperare – 180 a 183 – e solo ieri (20 giugno) aveva annunciato l’ingresso del belga Yvan Verougstraete di Les Engagés, portandosi a 181. Ma l’uscita del partito ceco ha fatto crollare le speranze di rimonta, con il gruppo liberale che ora conta 174 membri (-9 da Ecr e +16 dall’estrema destra di Identità e Democrazia).
Per quanto riguarda la destinazione finale di Ano 2011, all’orizzonte non c’è nessun un gruppo pronto ad accoglierlo. Babiš ha spiegato ai giornalisti che il partito prenderà una decisione “nelle prossime settimane”, ma ha già escluso che unirsi a Ecr possa essere una soluzione: “I rappresentanti degli altri partiti politici cechi hanno una grande voce in capitolo e l’Ecr non è certamente la nostra scelta“. Il riferimento è in particolare al Partito Civico Democratico (Ods) del primo ministro, Petr Fiala – che dentro il gruppo della destra conservatrice conta 3 membri – uno dei maggiori avversari politici di Babiš. Per quanto riguarda invece un – improbabile – avvicinamento al Partito Popolare Europeo (Ppe), fonti interne al gruppo definiscono “assolutamente assurda” la possibilità di un ingresso, ricordando anche le inchieste parlamentari a Bruxelles condotte ai tempi in cui Babiš era primo ministro della Repubblica Ceca. Al momento l’opzione più verosimile è che i 7 eurodeputati cechi finiscano nel gruppo dei non-iscritti, relegandosi nell’irrilevanza politica, anche se il leader di Ano 2011 ha suggerito di fare attenzione a un “nuovo gruppo che forse emergerà”. Anche i 10 ungheresi di Fidesz sono senza casa al Parlamento Ue e su molti aspetti le posizioni di Babiš e del premier ungherese, Viktor Orbán, non sono così distanti.