Bruxelles – I nazionalisti hanno questo problema. Sono uniti a parole, ma alla prova dei fatti si dividono proprio per i contrasti nazionali insiti nei propri programmi e nella propria ideologia. Ne è l’ennesima prova il modo in cui Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán, ha chiuso la porta all’ingresso nella famiglia politica dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), dopo mesi di corteggiamenti reciproci con la premier italiana e presidente del Partito Ecr, Giorgia Meloni. Il motivo è tutto nazionalista e legato all’annuncio arrivato nel tardo pomeriggio di ieri (19 giugno) dal gruppo della destra conservatrice al Parlamento Ue sull’ingresso dei 5 nuovi membri del partito ultranazionalista romeno Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur).
“Fidesz non condividerà mai un gruppo con un simile partito al Parlamento Europeo, questo non è negoziabile“, è il duro attacco del capogruppo parlamentare di Fidesz, Máté Kocsis. Parole subito rilanciate dal portavoce del primo ministro ungherese, Zoltán Kovács, che ha esposto indirettamente Orbán sulla questione dell’adesione al gruppo Ecr degli eurodeputati romeni eletti tra le fila del partito nazionalista romeno, “noto per la sua estrema posizione anti-ungherese”. Come reso noto dal gruppo della destra conservatrice al Parlamento Ue, si tratta degli eurodeputati Claudiu-Richard Tarziu, Gheorghe Piperea, Maria-Georgiana Teodorescu, Adrian-George Axinia e Serban Dimitrie Sturdza, che insieme a Cristian Terheș del Partito Nazionale Conservatore Rumeno (Pncr) hanno reso quella romena la terza delegazione più numerosa nel gruppo Ecr di 83 membri (a pari merito con gli spagnoli di Vox, dietro ai 24 di Fratelli d’Italia e ai 20 polacchi di Diritto e Giustizia).
Quella di Fidesz è una dura battuta d’arresto di un dialogo che va avanti da mesi tra il premier ungherese e l’omologa italiana per un possibile ingresso del partito ungherese nella famiglia politica europea dei conservatori, a partire dall’adesione al gruppo Ecr al Parlamento Ue. “Siamo pronti ed entreremo, l’idea era di entrare già prima delle elezioni, ma a questo punto lo faremo dopo il voto“, aveva anticipato Orbán a margine del Consiglio Europeo straordinario di febbraio, rispondendo alle domande sulla destinazione dei suoi eurodeputati (10 dopo le elezioni di giugno). Dal 2021 Fidesz è relegato nel gruppo dei non-iscritti al Parlamento Ue, dopo che lo stesso Orbán aveva deciso di abbandonare il Partito Popolare Europeo (Ppe), appena prima di subire l’onta dell’oramai decisa espulsione da parte dei popolari. Alla vigilia delle elezioni europee il premier ungherese aveva anche appoggiato la proposta di Marine Le Pen, la figura più carismatica dell’estrema destra francese di Rassemblement National, alla premier Meloni per la creazione di un campo unico tra tutti i partiti conservatori e di estrema destra a Bruxelles (oltre a Ecr anche Identità e Democrazia). Al momento lo scenario di un mega-gruppo di destra – che conterebbe almeno 141 iscritti (83 di Ecr e 58, oltre ad eventuali non-iscritti e nuovi eletti) – sembra ancora totalmente irrealistico, anche considerati gli ultimi sviluppi tra Fidesz ed Ecr sul nodo Aur.
Facendo entrare Aur nel gruppo, i conservatori europei hanno dato un chiaro segnale e difficilmente ora potranno crescere con i 10 seggi di Fidesz. Fondata nel 2020, l’Alleanza per l’Unione dei Romeni ha iniziato a crescere nei sondaggi sotto la leadership di George Simion, ultrà conosciuto nelle curve degli stadi di calcio romeni e forte sostenitore della riunificazione di Romania e Moldova (idea inglobata nel programma del partito). Aur è un classico esempio di estrema destra oltranzista sui temi della famiglia tradizionale, del nazionalismo, dell’immigrazione e dei rapporti con la Chiesa (ortodossa) ed è ben più che ambiguo sulla relazione con Mosca: da una parte le rivendicazioni sulla Moldova mettono Aur in rotta di collisione con il Cremlino, ma dall’altra diversi esponenti sono aperti sostenitori dell’autocrate russo, Vladimir Putin. Lo stesso Simion è sospettato di aver avuto contatti con i servizi segreti russi, tanto che le autorità ucraine e moldave gli hanno vietato l’accesso ai rispettivi territori per motivi di sicurezza. Di certo c’è che l’estrema destra romena è contraria agli aiuti militari all’Ucraina e mostra una certa perversione per Vlad III di Valacchia detto ‘L’Impalatore’, il sovrano che governò in diversi momenti tra il 1448 e il 1477 e ispirò la figura del Conte Dracula.