Bruxelles – Non svegliare il can che dorme. Ad un passo dalla conferma come presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen decide di non rischiare di indispettire coloro a cui deve bussare in cerca di voti. E allora meglio rimandare l’adozione del rapporto annuale sullo stato di diritto nei Paesi membri, una scure sull’atteggiamento autoritario di alcuni governi, a dopo il voto che, da calendario, il Parlamento europeo potrebbe tenere per eleggere il 18 luglio il nuovo leader dell’esecutivo Ue.
Indicativamente prevista per il 3 luglio, la pubblicazione dell’indagine della Commissione europea è stata posticipata al 24 luglio. Non è certamente la prima volta che l’agenda del Collegio dei commissari viene modificata: “Sono i capi di gabinetto, nella loro riunione settimanale, a stabilire l’ordine del giorno (del collegio dei commissari, ndr) in base al fatto che il lavoro sia sufficientemente avanzato o meno”, ha già spiegato pochi giorni fa il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer. Ma il contesto e le tempistiche suggeriscono che all’origine del rinvio del rapporto sullo stato di diritto ci sia un ragionamento prettamente politico.
Il 24 luglio potrebbero infatti essersi già chiusi i giochi per le nomine dei top jobs delle istituzioni europee. I capi di Stato e di governo sono chiamati a scegliere i prossimi leader al vertice europeo del 27-28 giugno, e a quel punto l’Eurocamera potrebbe già procedere al voto durante la seduta d’insediamento, in programma dal 16 al 19 luglio. E von der Leyen è a caccia dei voti che possano garantirle il bis: per lo spauracchio di eventuali franchi tiratori nella maggioranza composta da popolari, socialisti e liberali, la candidata del Ppe sta strizzando l’occhio a destra. In primis alla presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, la premier italiana Giorgia Meloni.
Alcuni funzionari della Commissione europea avrebbero confidato a Politico che il rapporto non risparmierà dure critiche al governo italiano e alla stretta sulla libertà dei media da quando Meloni siede a palazzo Chigi. E avrebbero inoltre rivelato che la richiesta di posticiparne la pubblicazione sarebbe arrivata proprio dal gabinetto della presidente. “Ritardare la pubblicazione della relazione sullo stato di diritto per farne oggetto di scambio per le prossime nomine vorrebbe dire calpestare i valori europei. Mi auguro che arrivi con urgenza una smentita netta e credibile”, aveva commentato il presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, Vittorio di Trapani.
Per altro la Fnsi, insieme a diversi sindacati dei media internazionali, aveva lanciato l’allarme sugli attacchi del governo Meloni alla stampa già a metà maggio, chiedendo alla Commissione europea di avviare un’indagine e verificare il rispetto della legge Ue sulla libertà dei media. L’indagine non è arrivata, la smentita alla mossa politica di von der Leyen nemmeno. Al loro posto, la conferma del rinvio della pubblicazione di un rapporto che potrebbe mettere sul banco degli imputati diversi governi Ue.