Marcus Thuram e Kylian Mbappé hanno recentemente preso posizione sulle elezioni politiche in Francia raccomandando pubblicamente di andare a votare e soprattutto di votare contro gli estremismi.
Una vera e propria invasione di campo quella dei due fuoriclasse francesi che senza esitazione, sollecitati dai giornalisti, si sono pronunciati chiaramente contro il Rassemblement National di Marine Le Pen, ma soprattutto hanno dato una lezione di civismo ai giovani francesi invitandoli a non disertare le urne.
Un episodio che ci dà un’immagine inattesa del calcio francese, un segno di coinvolgimento dello sport nella vita politica del paese che forse è unico in Europa. Sono pochi gli sportivi che si arrischiano a prendere posizioni in politica e ancora meno quelli che sono capaci di formulare un pensiero chiaro ed eloquente davanti ai microfoni, che si tratti della loro competenza agonistica o di qualsiasi altro argomento.
Quanto a noi italiani, i nostri grandi atleti siamo più abituati a vederli in qualche spot pubblicitario, dove recitano a fatica la particina che qualcun altro gli ha scritto e si muovono come automi, attenti a dove mettono lo sguardo, perché ogni inquadratura vale una valanga di diritti. I nostri campioni, di ogni disciplina, con scarso patriottismo e poco rispetto per la bandiera che portano sulla maglia, sono molto abili a spostare la loro residenza a Montecarlo per non pagare le tasse, ma quando si tratta di avere un’opinione su qualche cosa, non vogliono prendere posizione, per paura di perdere il favore del loro pubblico o ancor di più dei loro sponsor. O se parlano, tendono a impappinarsi o a rispondere con degli slogan, magari anche sgrammaticati.
Tutto questo fa inesorabilmente riflettere sulle nostre società, quella francese e quella italiana, messe allo specchio dello sport. In Francia la politica è riuscita a contaminare perfino un mondo chiuso come quello del calcio. La pressione della società su allenatore e giocatori della nazionale francese li ha spinti a uscire allo scoperto e ad esprimersi sulle prossime elezioni. La gente voleva sapere i loro beniamini cosa ne pensavano del subbuglio politico nazionale. E se per settimane e mesi il trasferimento di Mbappé al Real Madrid è stato un segreto, la sua posizione politica è venuta fuori subito. I campioni non hanno esitato.
Prima di Marcus, già il padre Lilian Thuram si era impegnato in una campagna antirazzista che lo vide addirittura parlare all’Assemblée nationale, il Parlamento francese.
Da noi calcio e politica si mescolano solo in vicende sordide di tifoserie fanatiche e violente o di loschi affari, fra bilanci occulti o falsificati. E poi cerchiamo solo per un attimo di immaginare quale giocatore del nostro campionato sarebbe capace di esprimere un’idea politica. Il campione del mondo 1998 invece non ha avuto timore di denunciare il persistere del razzismo nel calcio davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle carenze delle federazioni sportive francesi, e ha invocato l’educazione di giocatori e tifosi, invitando allo stesso tempo le federazioni e i dirigenti dei club a lottare più attivamente contro il razzismo e l’omofobia. Il nuovo attaccante del Real Madrid dal canto suo, sollecitato ad esprimere la sua posizione politica, non ha esitato a dire: “Non voglio rappresentare un paese che non corrisponde ai miei valori”.
Difficile dire se questi comportamenti siano spontanei o dettati dalla convulsione che sta vivendo la Francia in vista delle prossime elezioni politiche. Certamente però sono un segnale di responsabilità e di coinvolgimento del mondo calcistico francese nella società a cui appartiene. I campioni d’Oltralpe hanno le loro opinioni e le professano davanti alle telecamere, mettendoci la faccia e la reputazione. I nostri davanti alle telecamere ostentano berretti e magliette impataccate dei logo dei loro sponsor e parlano con una mano davanti alla bocca, casomai dicessero uno strafalcione e qualche perfido cronista poi leggesse il labiale.