Bruxelles – Oggi (12 giugno) durante una conferenza stampa il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha lanciato la campagna elettorale in vista delle elezioni per l’Assemblea nazionale del 30 giugno e 7 luglio. Dopo la sconfitta subita dal suo partito alle elezioni europee Macron ha sciolto il Parlamento. Quasi due ore tra il discorso del presidente e le domande dei giornalisti presenti nella sala sono servite per esplicitare le posizione dell’inquilino dell’Eliseo e il suo piano per il futuro della Francia. Per Macron il pericolo sono gli estremisti, sia di destra sia di sinistra, ed ha invitato quindi tutte le forze moderate a unirsi.
Prima delle elezioni non ci sarà un confronto diretto tra Marin Le Pen, o Jordan Bardella, con Macron perché, come ha sottolineato quest’ultimo: “Il presidente non fa campagna elettorale”, sarà quindi il primo ministro Gabriel Attal a guidare il partito verso le elezioni. Come già fatto per le europee dunque il numero uno dell’Eliseo si asterrà dal confronto diretto con altri leader, senza però rinunciare a condividere con i francesi la sua visione di futuro per il Paese. Le cose fatte in sette anni di presidenza sono tante e Macron rivendica i successi del suo mandato ma allo stesso tempo fa un mea culpa per non aver fatto abbastanza per i giovani in questo periodo.
A chi critica la decisione di concedere le elezioni anticipate il presidente risponde che crede nella democrazia e “non si può far finta di nulla quando il 50 per cento dei voti sono stati presi dagli estremisti, bisogna rispettare il volere del popolo e il 7 luglio vedremo qual è”. Macron non ha paura che la sua decisione dia le chiavi del potere all’estrema destra, secondo lui nel voto alle europee è emerso un sentimento di rabbia e delusione, anche comprensibile, dei francesi ma allo stesso tempo “sono fiducioso nei nostri compatrioti che sono uomini e donne di buona volontà, che credono nella Repubblica e nella democrazia”. La scommessa di Macron è che la rabbia emersa nel voto all’europee non coincida con il sostegno al modello proposto dal Rassemblement National.
Macron si è scagliato contro i due estremismi, di destra e di sinistra, e allo stesso tempo contro chi collabora con loro: “Com’è possibile che i socialisti corrano con Jean-Luc Mélenchon (ndr. leader di La France insoumise, partito della sinistra radicale)?” attaccando anche le forze di sinistra per la scelta di utilizzare il nome Fronte popolare per la loro lista: “Dei partiti che supportano posizioni antisemite vogliono riutilizzare il soggetto creato da Léon Blum (ndr l’ex primo ministro era ebreo), siamo alla follia.” Non mancano critiche anche a destra con i Repubblicani accusati di “aver fatto un patto con il diavolo” dopo l’apertura di Éric Ciotti al Rassemblement national.
Il sistema politico francese prevede la possibilità della così detta coabitazione, ovvero che il presidente della repubblica e quello del governo siano frutto di schieramenti politici rivali. L’ultima volta che si è verificato è stato tra il 1997 e 2002 con il presidente neogollista Jacques Chirac e il primo ministro socialista Lionel Jospin. Se la maggioranza nel nuovo parlamento sarà di destra, Macron sarà costretto quindi a dividere il ramo esecutivo con un esponente con idee politiche assai differenti dalle sue. La coabitazione creerebbe difficoltà nel governare la Francia, ma anche per l’Unione europea: la posizione francese non sarebbe la stessa nel Consiglio europeo, dove siede il presidente della repubblica, e nel Consiglio dell’Unione europea dove invece siedono i ministri del governo.