Bruxelles – I numeri provvisori che escono dalle urne di tutta Europa stanno a poco a poco disegnando un quadro estremamente chiaro: Il Partito Popolare Europeo ha stravinto le elezioni, l’Alleanza dei Socialisti e democratici ha tenuto, i liberali si leccano le ferite ma rimangono ancora la terza forza al Parlamento europeo. Deposte le armi, è già il tempo dei calcoli: S&d e Renew si dicono pronti a sostenere una maggioranza europeista. Una ‘maggioranza Ursula’ bis.
Li ha incalzati direttamente la Spitzenkandidatin del Ppe, che poco dopo la chiusura delle urne ha dichiarato: “Il primo passo è raggiungere coloro con cui abbiamo avuto la coalizione negli ultimi cinque anni, questa piattaforma ha funzionato bene”. Ursula von der Leyen ha scoperto le carte: “È stata affidabile, è stata costruttiva, è stata efficace. Ed è per questo che il primo passo che farò sarà raggiungere S&D e Renew Europe“.
Se va in porto con loro, si chiudono le discussioni. Il candidato alla presidenza della Commissione europea per gli S&D, Nicolas Schmit, ha raccolto l’invito di von der Leyen: “È chiaro per noi che siamo aperti a una forte cooperazione con tutte le forze democratiche di questo Parlamento, l’abbiamo detto e continuiamo a dirlo”. Pronto a salire sul carro dei vincitori anche Renew Europe, perché “i risultati di stasera dimostrano che nessuna maggioranza pro-europea sarà possibile in questa Camera senza di noi“, ha rivendicato la vicepresidente del gruppo, Iskra Mihaylova, edulcorando la sonora sconfitta dei liberali, che nella prossima legislatura avranno verosimilmente 19 eurodeputati in meno.
Le proiezioni dell’Eurocamera parlano di 189 membri del Ppe, 135 S&D e 83 Renew. Insieme, fanno 407 eurodeputati, abbondantemente più dei 361 necessari per ottenere il via libera alla nomina a capo della Commissione europea. Ma poi, per poter portare a casa i risultati nel corso del mandato, è importante avere una maggioranza più larga, perché a Bruxelles i franchi tiratori non sono un’eccezione e le maggioranze possono cambiare a seconda dei file. A un eventuale appoggio a von der Leyen hanno aperto anche gli altri grandi sconfitti della tornata elettorale, i Verdi europei.
Il copresidente uscente, Philippe Lamberts, ha lanciato un appello ai tre gruppi maggiori: “Magari avrete una maggioranza, ma se cercate stabilità e politiche responsabili per il prossimo lustro non potete rivolgervi all’estrema destra, non può essere una opzione per voi”, perché “nonostante i risultati deludenti di questa sera, noi Verdi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità se vogliamo che la terra continui ad essere abitabile per gli esseri umani, il Green Deal deve potenziarsi ed espandersi e se vogliamo che la società sia più sicura per tutti le forze democratiche devono unirsi come mai prima”, ha dichiarato dal Parlamento europeo di Bruxelles. Su von der Leyen, ha proseguito: “Per noi è importante il programma, non la persona, per sostenerla abbiamo bisogno di vedere l’impegno” sul Green Deal.
Per sostenere von der Leyen, tutti e tre i gruppi hanno posto un solo paletto: “Ovviamente per noi non c’è posto per chi vuole demolire il progetto dell’Ue“, ha sottolineato Schmit, a cui hanno fatto eco gli altri. Il riferimento è all’estrema destra e ai due gruppi Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) e Identità e Democrazia (Id). La tanto temuta marea nera è stata alla fine contenuta e non tale da cambiare gli equilibri al Parlamento europeo: secondo le proiezioni, Ecr passerà da 69 a 72 eurodeputati e Id da 49 a 58. Con i 189 del Ppe, fa 319. Troppo poco per poter immaginare una maggioranza di destra, anche volendo pescare in chi ancora risulta nei non affiliati (tra cui Afd, espulso recentemente da Id, e il partito Fidesz di Viktor Orbán).