Bruxelles – Nel pieno del terremoto politico in Francia e in Germania, una certezza in queste frenetiche elezioni europee 2024 c’è. La maggioranza europeista è viva – nonostante un sensibile arretramento rispetto alla precedente legislatura – e non c’è un’alternativa credibile. Perché i veri vincitori della tornata elettorale del 6-9 giugno sono i popolari europei, che sulla base dei dati elettorali più aggiornati potranno contare su 185 seggi (9 in più), affermandosi in modo ancora più deciso come prima forza al Parlamento Europeo e staccando i socialdemocratici fermi a 137 seggi (-2) e i liberali europei con 80 (-22).
Ne esce rafforzata l’attuale presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, grazie alla forte affermazione della sua famiglia politica e all’impossibilità degli altri partiti europei di maggioranza di imporre nuovi equilibri in un quadro post-elettorale particolarmente delicato. “Oggi è un grande giorno per il Ppe, abbiamo vinto le elezioni e siamo un’ancora di stabilità“, ha commentato a caldo nell’emiciclo del Parlamento Europeo la Spitzenkandidatin (candidata comune) dei popolari europei. “È vero che gli estremi a destra e sinistra si sono rafforzati, ma il centro sta reggendo e abbiamo tutti un interesse per un’Europa stabile e forte“, ha sottolineato von der Leyen, e per questa ragione “da domani prenderemo contatti con S&D e Renew Europe, abbiamo lavorato bene insieme negli ultimi cinque anni e costruiremo una relazione di fiducia”.
Al momento le proiezioni del nuovo Parlamento Europeo si basano sui risultati ancora non definitivi dei 27 Paesi membri, in altre parole ancora suscettibili di cambiamenti fino alla pubblicazione dei dati finali attesa per domani mattina (10 giugno). Ma oltre alla tenuta del centro, emergono già alcune tendenze generali: la sconfitta dei Verdi europei – scesi da 71 a 52 seggi – l’avanzata contenuta dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) e dell’estrema destra di Identità e Democrazia (Id) – rispettivamente passati da 69 a 73 seggi e da 49 a 58 seggi – e l’incognita delle adesioni ai diversi gruppi al Parlamento Europeo da parte dei partiti nazionali che al momento si ritrovano confinati nel gruppo dei non iscritti o che faranno per la prima volta ingresso all’Eurocamera. Limita i danni la Sinistra europea, che perde un solo seggio, da 37 a 36.
“Il Parlamento Europeo inizierà a lavorare già da martedì, i capigruppo si incontreranno per una prima conferenza dei presidenti, faranno il punto sui risultati delle elezioni e stabiliranno una tabella di marcia per la nomina della presidenza dell’esecutivo”, ha annunciato la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, commentando le prime previsioni. “Nelle prossime settimane si costituiranno i gruppi politici, si dovranno formare delle maggioranze su un programma politico che darà una direzione alla nostra Unione per i prossimi cinque anni”. Fino alla data del 16 luglio, quando “si terrà a Strasburgo la sessione inaugurale della decima legislatura“, ha concluso Metsola: “Vedo i risultati di oggi come un segno di fiducia dei nostri cittadini”. Anche se l’affluenza si ferma al 51 per cento a livello Ue, nemmeno mezzo punto percentuale in più rispetto al 50,66 di cinque anni fa.
Regge la maggioranza europeista
Rivendica la vittoria il Partito Popolare Europeo (Ppe), unico tra i partiti della maggioranza Ursula ad aver aumentato il numero di eurodeputati nella prossima legislatura. A spingere il risultato di rilievo per i popolari europei sono le prestazioni elettorali dei tedeschi dell’Unione Cristiano-Democratica di Germania (Cdu) al 30,7 per cento (31 seggi su 96), dei polacchi di Coalizione Civica al 38,2 per cento (21 seggi su 53) e degli spagnoli del Partido Popular al 34,2 per cento (22 seggi su 61). Con i 185 eurodeputati certi nel prossimo Parlamento Europeo – con in vista un possibile ingresso dei 7 ungheresi di Tisza – il gruppo del Ppe si pone di nuovo al centro dei giochi politici e permette alla propria Spitzenkandidatin di porsi in pole position per una riconferma da parte dell Consiglio Europeo e un via libera dalla futura nuova maggioranza di centro all’Eurocamera.
Andrà posta particolare attenzione alle decisioni del presidente francese, Emmanuel Macron, il grande sconfitto di queste elezioni europee. Considerato il crollo dei liberali di Besoin d’Europe, che porteranno 10 eurodeputati in meno a Bruxelles (da 23 a 13), il capo di Stato francese potrebbe voler accelerare i tempi per la nomina della prossima presidenza della Commissione prima del voto nazionale del 30 giugno – quindi al Consiglio Europeo del 27-28 giugno – per evitare uno stallo delle istituzioni Ue in caso di riconferma dell’ascesa dell’estrema destra di Rassemblement National. Batosta anche per gli spagnoli di Ciudadanos, completamente azzerati (da 7 eurodeputati), per cui Renew Europe potrà contare ora sulla sola presenza spagnola di un eletto nella lista degli indipendentisti.
A proposito di centro che regge, a fronte di un Partito Socialdemocratico di Germania (Spd) che perde 2 eurodeputati e un Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe) che ne perde 1, c’è un Partito Democratico (Pd) che dall’Italia vede crescere la delegazione da 15 a 20 eurodeputati e si mette in prima linea per decidere la linea del gruppo S&D al Parlamento Europeo, e i socialisti olandesi di Frans Timmermans che – in alleanza con i Verdi – diventano la prima forza politica nazionale. Con i socialdemocratici che limitano le perdite e si mantengono stabili come numeri nell’emiciclo, la maggioranza von der Leyen si attesta ora sui 402 seggi (al netto di nuove adesioni ai gruppi del Ppe, S&D e Renew Europe), abbondantemente sopra i 361 necessari per il limite minimo.
L’avanzata (non travolgente) dell’estrema destra
Ci si aspettava una marea travolgente dell’estrema destra, che alla fine non c’è stata. O almeno, non ovunque e non in dimensioni tali da poter mettere in discussione la maggioranza al Parlamento Europeo. In Francia il trionfo di Rassemblement National – 31,5 per cento, più che doppiata la coalizione del presidente Macron – non solo costringe al voto anticipato nel Paese membro Ue, ma permetterà anche al partito francese di diventare la forza trainante all’interno del gruppo di Identità e Democrazia con 30 eurodeputati, considerato il contemporaneo tracollo della Lega (da 22 a 8). Oltre agli olandesi del Partito per la Libertà (da 0 a 6 eurodeputati) si afferma anche l’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland (AfD) che, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, aggancia l’Spd al 14,5 per cento e porta 14 eurodeputati a Bruxelles. Il partito è attualmente sospeso dal gruppo di Id e la nuova guida francese dovrà decidere se ricucire lo strappo con gli ex-alleati per accrescere il peso politico dell’estrema destra a Bruxelles (con gli scenari ancora non certi in questo spettro politico).
In attesa di tutti i risultati definitivi delle elezioni europee e le scelte dei gruppi politici al Parlamento Europeo, l’attenzione è rivolta ora alla composizione e alle scelte dei Conservatori e Riformisti Europei. Come da attese della vigilia, è Fratelli d’Italia della premier italiana, Giorgia Meloni, a prendersi la scena con 24 eurodeputati eletti. Crollano i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS) da 27 a 19 eurodeputati e non sfondano gli spagnoli di Vox (da 4 a 6), ma c’è ancora la possibilità di diventare terza forza al Parlamento Europeo con i 10 ungheresi di Fidesz – i colloqui vanno avanti da mesi tra Meloni e il premier ungherese, Viktor Orbán – e i 5 romeni di Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur). Anche se non si tenessero in considerazione tutte le complessità che rendono pressoché impossibile questo scenario, un’alleanza delle destre al Parlamento Europeo non avrebbe comunque i numeri per la maggioranza: Ppe, Ecr e Id al momento si fermano a 316 seggi, con la quota minima a 361 lontanissima anche con potenziali nuovi ingressi nei gruppi di destra. Lo stesso si può dire per uno scenario popolari-conservatori-liberali, fermi a 338 seggi.
Il crollo dei Verdi alle elezioni europee
A livello europeo i veri sconfitti sono i Verdi, che escono particolarmente ridimensionati dalle urne. Il passaggio da 71 a 52 eurodeputati si spiega in una difficoltà generale in tutti i Ventisette – anche se in Italia l’ottimo risultato di Alleanza Verdi-Sinistra permetterà l’arrivo di 3 nuovi membri italiani (e 3 per la Sinistra) – ma soprattutto con la débâcle in Germania, in cui gli 8 punti percentuali in meno (da 20,5 a 12,5) si traducono in 8 eurodeputati persi (da 25 a 17), e in Francia (da 12 a 5). L’apertura a un possibile ingresso in maggioranza non può nascondere il fallimento generale nel tradurre le istanze del Green Deal in un’opzione credibile per un elettorato sempre più spostato verso destra, così come la fine di qualsiasi maggioranza alternativa delle forze progressiste su dossier specifici (come accaduto in alcune occasioni nella scorsa legislatura): S&D, Renew Europe, Verdi e La Sinistra si fermano a 305 seggi, abbondantemente lontani dalla soglia minima.
L’incognita di non-iscritti e nuovi eurodeputati
Ciò che terrà banco a lungo nelle prossime settimane al Parlamento Europeo, fino alla seduta inaugurale del 16 luglio, saranno gli accasamenti dei partiti nazionali che attualmente non sono iscritti ad alcun gruppo o che fanno ingresso per la prima volta nell’emiciclo. In totale si tratta di 99 eurodeputati (46 non-iscritti e 53 neo-eletti), che possono ancora modificare sensibilmente il peso dei gruppi politici. Oltre al centro-destra ungherese di Tisza (7) verso il Ppe, gli ungheresi di Fidesz (10) e i romeni di Aur (5) verso Ecr, bisognerà fare attenzione alle decisioni della sinistra rosso-bruna tedesca di Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia (5, due in più di Die Linke) e slovacca di Smer-Ssd (5) e Hlas-Sd (1), ai nazionalisti filo-russi bulgari di Vazrazhdane (3) e quelli polacchi di Konfederacja (6), ma soprattutto ai 9 eurodeputati del Movimento 5 Stelle che non hanno mai trovato una famiglia politica europea. Senza dimenticare l’estrema destra di AfD con i suoi 14 nuovi membri, al momento senza gruppo dopo essere stati cacciati da Id. Chiuse le urne e pubblicati i risultati del voto, i lavori dietro le quinte a Bruxelles sulla formazione del nuovo Parlamento Europeo sono già a pieno regime.