Bruxelles- Eventi naturali estremi in aumento, cooperazione europea nelle attività di Protezione civile, sensibilità dei giovani e dovere a creare una attenzione più forte tra i cittadini e le cittadine. Sono tanti i temi affrontati con il capo dipartimento di Protezione civile, Fabrizio Curcio, a margine dell’ottavo Forum della Protezione civile europea che si è tenuto a Bruxelles il 4 e 5 giugno. Un’occasione, inoltre, in cui il sistema nazionale della Protezione civile italiana ha ottenuto un importante riconoscimento: la Medaglia europea per il suo contributo fornito a Derna, in Libia, dopo la devastazione causata dal ciclone Daniel nel settembre 2023. “Il premio è il segno che siamo sulla strada giusta ed è un riconoscimento al sistema”, ha dichiarato Curcio.
“Le attività che abbiamo svolto nel settembre 2023 in Libia sono collegate a un evento naturale, che ha distrutto una cittadina, portando terribili immagini, storie e situazioni sulle persone, e come sempre ci siamo attivati prontamente, anche tramite il Meccanismo, ma non solo, perché con la Libia abbiamo relazioni consolidate”, ha ricordato il capo dipartimento. “Ed è nata questa missione che è stata abbastanza esemplare perché ha unito alle caratteristiche tipiche di una attività che vede diverse organizzazioni, civili e militari in questo caso, anche gli aspetti di sicurezza, perché il territorio su cui si operava è un territorio con delle questioni di sicurezza di cui tenere conto“, ha raccontato. “Il sistema si è presentato coeso e consolidato. E tutto ciò è stato fatto nell’ambito di una cornice delicata: quindi, con il collegamento con il ministero degli Affari esteri, che è il nostro punto di riferimento quando operiamo fuori dal nostro territorio, e con le Agenzie che ci hanno assicurato contatti con le autorità locali e una sorta di protezione operativa”, ha descritto Curcio.
La medaglia è un premio che “abbiamo ritirato noi come Dipartimento perché c’è questo momento di incontro in questo ottavo Forum della Protezione civile, ma è un riconoscimento non solo a quelli che hanno operato in Libia, bensì a tutti quelli che l’hanno permesso. Perché per 100 o 200 persone che vanno, c’è un mondo che si muove: il mondo delle Regioni, delle municipalità, del volontariato che ha aiutato, c’è un sistema intero che si attiva e che spesso non si vede”, ha puntualizzato il capo dipartimento. “Vediamo sempre coloro che sono in prima linea. Ma noi sappiamo che ogni volta che c’è qualcuno che opera, c’è un’organizzazione che gli consente di farlo. E poi è anche un riconoscimento non solo a questa operazione – siamo contenti che sia stata percepita in ambito europeo come modello – ma ad un sistema che opera quotidianamente nelle piccole o grandi emergenze. E quindi lo condivideremo con tutti”, ha evidenziato il capo dipartimento.
Nella due giorni di Forum a Bruxelles, l’accento è stato posto sulle lezioni apprese nelle crisi degli ultimi anni e sulle strade da percorrere nel campo della Protezione civile. “Il Meccanismo ha ormai 20 anni di pratica e abbiamo costruito un linguaggio comune, delle procedure operative comuni, tutta una serie di attività che vanno dalla formazione, anche degli esperti, allo scambio delle conoscenze passando per l’aumento delle relazioni con la comunità scientifica. Abbiamo fatto tantissime cose. In questo percorso comune ci sono stati poi i percorsi dei singoli Stati e l’Italia ha lavorato con questa duplice visione: da una parte si è andato a costituire il sistema nazionale di Protezione civile che conosciamo e dall’altra parte ha contribuito alla formazione di questo sistema che oggi vede i 27 Paesi più i 10 associati che non fanno parte dell’Ue ma del Meccanismo. Questo – ha proseguito Curcio – ci aiuta perché ormai siamo organizzati e strutturati in un modo chiaro e la comunità è molto forte: appena accade qualcosa, le amministrazioni, gli enti e direttori generali si scambiano subito le informazioni”.
Dunque, “al di là di quello che il sistema centrale fa, c’è una comunità che vive di relazioni e conoscenza” ed “è chiaro che nel momento in cui gli eventi diventano più numerosi e complessi il meccanismo è rodato e dà una risposta. Se però lei mi chede se questo basti, la risposta è: Certamente no. Nel senso che non possiamo accontentarci del fatto che questa cosa stia funzionando abbastanza, perché in prospettiva i numeri e la complessità aumenteranno ancora”, ha specificato Curcio. “Oggi non c’è solo un tema, che è già importante, di aumento degli eventi estremi, ma c’è un tema anche di geopolitica. E vengono richieste delle attività che non sono strettamente collegate al sistema di Protezione civile come l’abbiamo immaginato 20 anni, perché 20 anni fa non si parlava di cambiamento climatico e non c’era la guerra in Europa. Quindi è evidente che questo sistema che abbiamo costruito in 20 anni oggi si interroghi su quella che sarà la prospettiva del sistema”, ha incalzato.
“Partiamo da organizzazioni abbastanza diverse, che hanno trovato nel sistema di Protezione civile dei momenti in comune, ma che quando si toccano altre tematiche necessitano di un confronto più approfondito. Non è un mistero che si stia passando dalla gestione dell’emergenza alla gestione della crisi, che è un concetto più ampio rispetto alla gestione di Protezione civile. La discussione è in atto e io sono convinto che il sistema di Protezione civile, che ha la filiera delle politiche di Protezione civile e della gestione operativa e della gestione delle conseguenze, dovrà avere una parte anche in una filiera che non sarà di Protezione civile”, ha sottolineato ancora.
Intanto, però, l’attività della Protezione civile è quotidiana e sempre più necessaria. Ma il punto di partenza continua ad essere quello della consapevolezza dei cittadini. “Se non abbiamo chiaro il quadro della situazione e la consapevolezza come istituzioni, organizzazioni, cittadini, facciamo fatica. Qualunque processo deve partire dalla presa d’atto di una determinata situazione. E’ il primo punto, altrimenti si corre il rischio di fare demagogia. Il primo punto, dunque, è: siamo tutti convinti di aver capito che ci troviamo in un meccanismo che è cambiato? Io non mi innamoro delle definizioni, perché possono avere una lettura strumentalizzata. Io dico che se prima avevamo un certo numero di interventi emergenziali nazionali all’anno, oggi questo valore è aumentato”, ha illustrato. “Dal 2020, abbiamo più di 40/50 dichiarazioni di stato di emergenza che gestiamo contemporaneamente. Abbiamo avuto l’alluvione nelle Marche il 15 settembre 2022, a Ischia nel ‘22, poi nel 23 in Emilia Romagna, poi la Toscana e in tutti questi eventi abbiamo registrato valori di pioggia nell’unità di tempo caduta che sono a fondo scala, mai registrati prima: chiamatelo come volete, ma è evidente che abbiamo un tema di periodicità e di intensità di eventi”, ha scandito. “A questo si sommano periodi altrettanto importanti di siccità. E lo vediamo in questi giorni: a quello che è accaduto in Friuli Venezia Giulia e Veneto, si accosta la Sicilia che è invece in dichiarazione di stato d’emergenza per siccità. Da una parte mandiamo le idrovore e dall’altra manca l’acqua in maniera importante. E’ evidente che di ciò dobbiamo prendere consapevolezza: come istituzioni e come cittadini”, ha puntualizzato ancora.
“Se partiamo da questo presupposto di consapevolezza – ha aggiunto – e quindi comprendiamo che queste cose volano anche su decisioni più alte di noi ma poi ci impegnano nella quotidianità, soprattutto nella salvaguardia della nostra vita, perché il primo soccorritore devi essere tu che devi capire in che condizioni ti stai trovando in quel momento – allora si possono fare ragionamenti più strutturati. Possiamo parlare della prevenzione strutturale, che è un tema all’ordine del giorno e che fanno tutte le amministrazioni, nelle cabine di coordinamento, nelle regie dove si mettono insieme risorse rispetto agli obiettivi, e si può parlare della prevenzione non strutturale, quindi dei piani, della comunicazione, della conoscenza dei migliori comportamenti, delle campagne nazionali che noi facciamo per raggiungere i cittadini, come ‘Io non Rischio’”, ha ricordato.
“Poi c’è sicuramente un tema di risorse e di spinta del cittadino: quando il cittadino spinge e aumenta la richiesta, poi le istituzioni e le amministrazioni rispondono. Io vedo invece a volte la colpevolizzazione. L’istituzione deve svolgere attività di informazione e comunicazione, però il cittadino deve essere pronto a recepirla. Ad esempio, io parlo di prevenzione solo nell’emergenza, perché quando provo a farlo fuori dall’evento non c’è attenzione. Non perché la stampa non abbia intenzione, ma perché fa una comunicazione quando dall’altra parte c’è qualcuno che riceve”, ha raccontato il capo dipartimento. “Si tratta di un circuito complesso, e non è colpa di qualcuno. Dobbiamo lavorare perché questa attenzione cresca nel cittadino, nelle istituzioni e nei vari portatori di interesse. In tutti. Ognuno di noi fa una vita che lo porta a occuparsi dei problemi della quotidianità: forse dovremmo trovare il modo per far interagire la quotidianità con queste problematiche. Perché se ci occupiamo di qualcosa solo quando avviene, è già troppo tardi”, ha ribadito.
In questo percorso, però, non mancano gli elementi positivi. “Il lavoro che facciamo con le scuole va in quella direzione. E, ad esempio, vedo che i ragazzi hanno una sensibilità rispetto ad alcuni temi, come lo spreco dell’acqua o dell’energia, che noi non avevamo alla loro stessa età. Significa che su questo tema un po’ si è investito, su altri non ancora. Il tema culturale è qui che fa la differenza: se tu sei nativo di alcune problematiche – l’ambiente, l’utilizzo delle risorse idriche, la qualità dell’aria, la consapevolezza dei rischi – quelle diventano naturali per te, come camminare. E io credo che abbiamo tutti gli strumenti per lavorare sugli adulti, ma soprattutto per porre le basi su alcune cose per rendere nativi” di certi temi quelli che verranno.
Dunque, il messaggio finale è positivo? “Assolutamente. Il messaggio dev’essere positivo: se non lo fosse, dovremmo cambiare mestiere”, ha concluso Curcio.