Bruxelles – La ricerca di nuovi carburanti, meno inquinanti, che possano soddisfare le esigenze del trasporto marittimo vede l’Europa impegnata ma l’Italia ferma, senza alcun progetto. Transport & Environment (T&E), un’organizzazione ambientalista indipendente che studia i mezzi di trasporto, ha rilasciato oggi (4 giugno) un report nel quale analizza la situazione degli eco-carburanti in tutta l’Unione europea. L’analisi evidenzia che se tutti i progetti attivi venissero completati, nel 2030 circa il 4 per cento del trasporto marittimo europeo potrebbe essere alimentato con carburanti verdi. Un risultato che sarebbe clamoroso perché superiore alle aspettativa, ma rimangono forti dubbi sia da parte dei produttori sia dalle compagnie di navigazione.
Secondo delle stime, circa il 2,5 per cento delle emissioni di gas serra proviene dal commercio marittimo, una percentuale destinata a salire negli anni se non si trovano carburanti meno inquinanti. Ad essere all’avanguardia nelle ricerca in questo campo sono Spagna e Danimarca, con quest’ultima che sta investendo molto sull’idrogeno per cercare carburanti meno inquinanti. La ricerca di nuovi combustibili si sta concentrando in particolare sia su derivati dell’idrogeno sia dell’ammoniaca. Nello specifico l’ammoniaca sintetica sembra avere grande potenziale per decarbonizzare il settore marittimo.
La soluzione per avere carburanti alternativi resta complicata e non d’immediata risoluzione. In totale, secondo quanto riportato da Transport & Environment sono 61 i progetti attivi in tutta l’Unione europea, di cui solo 17 specifici per il settore marittimo. Al momento però ad essere già stati finanziati e pronti alla produzione risultano soltanto sei programmi. T&E stima che se tutti i progetti attivi riuscissero ad arrivare a compimento si conseguirebbe facilmente l’obiettivo introdotto dal FuelEU Maritime, il Regolamento Ue che stabilisce nel 2 per cento entro il 2034 la quota minima di carburanti verdi da impiegare nel settore. L’Italia dal canto suo non ha alcun progetto in campo, e rischia quindi di rimanere tagliata fuori della nascita di una nuova industria strategica.
Questa situazione di stallo è stata identificata anche da Carlo Tritto, Policy Officer del T&E: “Da un lato i produttori di carburanti aspettano segnali di domanda più chiari da parte degli operatori navali prima di effettuare grandi investimenti, mentre gli armatori aspettano che tali carburanti diventino più diffusi ed economici prima di firmare accordi di fornitura”, per uscire da questa congiuntura, continua Tritto, l’Ue dovrebbe intervenire direttamente “fissando obiettivi minimi sia dal lato dell’offerta che della domanda, fornendo così la certezza di investimento sia ai produttori di carburante che alle compagnie di navigazione”.