Bruxelles – È ancora tutto nella sfera della fantapolitica ma, a una settimana esatta dall’apertura delle urne, diventano sempre più incalzanti i contatti tra i partiti nazionali nei Paesi membri per definire il nuovo assetto del Parlamento Ue post-elezioni europee 2024. Non solo tra le forze politiche che hanno fin qui costituito i tradizionali gruppi parlamentari, ma anche e soprattutto tra quelle che si sono ritrovate escluse, sospese o emarginate, o che da tempo cercano un’affiliazione europea senza riuscirci. Con l’obiettivo ambizioso di creare nuovi gruppi al Parlamento Ue, rompendo gli equilibri ormai consolidati dei sette della legislatura agli sgoccioli.
Cosa succede a sinistra
Il movimento più atteso e osservato è quello che riguarda l’estremità a sinistra dell’emiciclo, dove uno dei volti più noti dell’estrema sinistra tedesca ed ex-leader di Die Linke, Sahra Wagenknecht, è pronta a sparigliare le carte. Con il suo nuovo partito Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia (Bsw), dato dai sondaggi tra il 7 e l’8 per cento, si prospetta un plotoncino di 7/8 eurodeputati che quasi sicuramente non si affilieranno al Gruppo della Sinistra (a cui aderisce Die Linke). Altre soluzioni già pronte non ci sono a Strasburgo, e per questo motivo Wagenknecht è da tempo in contatto con altre forze nazionali dello spettro politico rosso-bruno, come in gergo si definiscono quei partiti che presentano istanze sociali di sinistra (come il salario minimo) ma con forti inclinazioni conservatrici e populiste (per esempio sull’immigrazione o la politica estera).
I primi interlocutori sono i socialdemocratici populisti slovacchi del premier Robert Fico, Smer-Ssd, che da ottobre 2023 hanno dato vita nel Paese a un governo con la destra estrema del Partito Nazionale Slovacco. Anche Smer-Ssd, sospeso dal Partito del Socialismo Europeo (Pes) proprio a causa dell’alleanza in patria con l’estrema destra, si ritroverà con tutta probabilità senza affiliazioni al Parlamento Ue (inverosimile che il Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici lo riaccolga senza un cambio di rotta) e i 4 potenziali eurodeputati eletti tra le sue fila – i sondaggi danno il partito di Fico al 23 per cento – potrebbero essere interessati a creare un nuovo gruppo posizionato all’estrema sinistra ma con istanze non troppo diverse da quelle dei partiti di estrema destra: inversione della rotta sulle politiche ambientali, stop all’invio di armi all’Ucraina, giro di vite sulla politica migratoria.
Per formare un gruppo politico sono necessari non meno di 23 deputati da almeno un quarto degli Stati membri (7), e perciò la ricerca di Wagenknecht continua senza sosta tra gli insoddisfatti di estrema sinistra. Il vero pesce grosso è però il Movimento 5 Stelle, dato dai sondaggi al 16 per cento e in corsa per riportare a Bruxelles 13/14 eurodeputati, dopo due legislature relegato tra i non-iscritti. I punti di contatto con i rosso-bruni tedeschi non sono pochi, se si considera l’esperienza di governo tra il 2018 e il 2020 (con la Lega, membro del gruppo di estrema destra Identità e Democrazia): da una parte le scelte tendenzialmente di sinistra come il reddito di cittadinanza, ma dall’altra l’appoggio a politiche molto restrittive in tema di migrazione e asilo, oltre al più recente posizionamento fortemente contrario in tema di sostegno militare all’Ucraina. Il leader Giuseppe Conte ha ventilato che “andremo nell’area progressista, non con i socialisti, ci sarà una sorpresa”, ma fonti interne al gruppo frenano e spiegano a Eunews che si parlerà di alleanze “solo dopo” le elezioni. Esperti parlamentari che hanno avuto contatti stretti con Conte e i suoi deputati, danno però questa alleanza come cosa fatta.
Cosa succede a destra
Desta particolare interesse, nonostante gli scenari siano più sfuggenti e le possibili alleanze molto meno definite, anche ciò che potrebbe accadere nello scacchiere di estrema destra, oltre i due gruppi di Identità e Democrazia (Id) e dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr, a cui aderisce Fratelli d’Italia). Al momento tutto sembra possibile, anche una convergenza dei due gruppi parlamentari a formarne uno unito, così come proposto dalla figura più carismatica dell’estrema destra francese di Rassemblement National, Marine Le Pen. Ancora di più nel caso si verificasse questo – comunque difficile – scenario, l’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland si ritroverebbe molto probabilmente isolata, se si tengono presenti gli ultimi sviluppi tormentati all’interno del gruppo a cui aderiva al Parlamento Ue: proprio su pressione di Rassemblement National, il 23 maggio l’Ufficio di presidenza del gruppo di Id ha espulso i tedeschi di AfD a causa delle dichiarazioni del suo candidato di punta, Maximilian Krah, sulla mancata condanna del passato delle forze speciali naziste SS.
L’appoggio popolare di cui però AfD ancora gode in Germania – non più al 22 per cento come sei mesi fa, ma secondo i sondaggi comunque attorno al 16 per cento – potrebbe spingere formazioni ancora più euroscettiche rispetto a quelle attualmente parte di Id ed Ecr a stringere i contatti per creare un gruppo “veramente conservatore e sovranista”, come prospettato dal leader dei nazionalisti filo-russi e anti-europeisti bulgari di Vazrazhdane, Kostadin Kostadinov. Il partito nazionalista di estrema destra, che sta spingendo per il ritiro della Bulgaria dalla Nato e per una rinegoziazione dell’adesione Ue, sarebbe pronto con i suoi potenziali 3/4 eurodeputati a stringere un’alleanza con i 16/17 colleghi tedeschi: “Abbiamo già preso provvedimenti per creare un nuovo gruppo al Parlamento Ue e proporremo ad AfD di unirsi a noi per portare avanti il processo” dopo le elezioni europee, ha reso noto Kostadinov, che sta alzando la posta in gioco anche in vista delle parallele elezioni legislative anticipate in Bulgaria il 9 giugno. Se dovesse arrivare un semaforo verde da AfD, si cercheranno aderenti tra i non-iscritti e i potenziali esclusi di un – altrettanto ipotetico – mega-gruppo di destra al Parlamento Ue con Rassemblement National, Fratelli d’Italia, Lega, Vox, i polacchi di Diritto e Giustizia e gli ungheresi di Fidesz.
Cosa fanno i sette gruppi al Parlamento Ue
Mentre dietro le quinte si stanno muovendo tutti questi partiti per potenziali nuovi gruppi parlamentari durante la decima legislatura del Parlamento Ue, i sette che si sono consolidati in quella ormai conclusa attendono i risultati delle urne per capire come far pesare vecchi e nuovi rapporti di forza, per rinnovare o ribaltare le alleanze decisive per la maggioranza. Al momento l’opzione più quotata sembra una riconferma del patto delle forze europeiste che ha retto in questa legislatura la cosiddetta ‘maggioranza von der Leyen’: Gruppo del Partito Popolare Europeo (Ppe), Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e Renew Europe. I popolari da tempo stanno considerando un potenziale spostamento verso destra – difficilissimo, se si tiene conto del complesso quadro delle affiliazioni dei partiti nazionali – sia per un’intesa liberali-popolari-conservatori come auspicato dal presidente del Ppe, Manfred Weber, e dal vicepremier italiano, Antonio Tajani, sia per l’apertura esplicita arrivata dall’attuale presidente della Commissione Europea e Spitzenkandidatin (candidata comune) del Partito Popolare Europeo (Ppe), Ursula von der Leyen, all’indirizzo di Meloni per una possibile cooperazione nella prossima legislatura.
Considerato il fatto che non è possibile secondo i sondaggi attuali una maggioranza in Europa composta solo da popolari e conservatori, un’opzione potrebbe essere quella di andare a replicare la coalizione di governo italiana: a Roma c’è una maggioranza di destra Forza Italia-Fratelli d’Italia-Lega, a Bruxelles si dovrebbe puntare su un campo larghissimo di destra Ppe-Ecr-Id. Ma la quasi totalità dei popolari considera assolutamente impraticabile questo tipo di scenario, dal momento in cui il Partito Identità e Democrazia è pieno di forze estremiste ed anti-europeiste (ma anche quello di Ecr, a cui ha aderito l’estrema destra nazionalista di Reconquête e che potrebbe allargarsi al partito del premier ungherese, Viktor Orbán).
Il Gruppo Verdi/Ale ammicca a un campo largo di forze progressiste e con un Ppe che smetta di guardare a destra ma, con un probabile forte ridimensionamento alle urne e con i liberali poco disposti a collaborare su molti dossier (come quelli su clima e industria), anche questo scenario al Parlamento Ue sarebbe tutto in salita. Il Gruppo della Sinistra osserva alla finestra, senza prospettive nemmeno lontanamente solide di partecipare a una maggioranza parlamentare, e deve piuttosto guardarsi le spalle da una più credibile erosione degli aderenti se i partiti nazionali rosso-bruni si organizzeranno autonomamente in un nuovo gruppo dopo le elezioni.