Bruxelles – Fumata nera al Comitato dei rappresentanti permanenti dei Paesi Ue sul via libera all’apertura dei negoziati di adesione per Ucraina e Moldova. Come confermano diverse fonti Ue, a bloccare il testo su Kiev è stata l’Ungheria di Viktor Orbán, chiedendo “ancora modifiche e aggiunte significative” per poter dare il via libera. L’obiettivo di Bruxelles resta tenere le prime conferenze intergovernative con i candidati all’ingresso nell’Unione entro fine giugno. E il punto tornerà “molto probabilmente” al Coreper già la prossima settimana.
Dopo diverse ore di “ampio dibattito in merito ai quadri negoziali di Moldova e Ucraina”, fonti dell’Ue parlano di un “grande sostegno” per i quadri negoziali proposti dalla Commissione europea. Un sostegno maturato durante i colloqui tra gli ambasciatori: prima dell’incontro, “alcuni Stati membri avevano ancora una serie di riserve, che sono state quasi tutte sciolte per poter procedere rapidamente”. D’accordo per procedere sia per Kiev che per Chisinau, diversi governi hanno comunque sottolineato “l’importanza di procedere con i Paesi meritevoli dei Balcani occidentali” (Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia hanno già iniziato i negoziati di adesione). A quanto si apprende, è questa la posizione sostenuta oggi dall’Italia, “a favore dell’avanzamento del percorso europeo dell’Ucraina e della Moldova anche come finestra di opportunità per far procedere anche i Paesi dei Balcani occidentali”, che hanno “legittime aspettative da lungo tempo” verso l’adesione.
Come conferma la fonte, sul quadro negoziale per la Moldova sarebbe filato tutto liscio, ma Budapest ha confermato un’altra volta il suo ostruzionismo verso l’adesione di Kiev al blocco, una saga che va avanti da quando – nel giugno 2022 – l’Ue aveva concesso lo status di Paese candidato all’Ucraina. L’Ungheria chiede risposte alle proprie preoccupazioni per quanto riguarda “i diritti delle minoranze nazionali” in Ucraina e vuole maggiori rassicurazioni sul “commercio, la lotta alla corruzione, l’agricoltura, il funzionamento del mercato unico, le relazioni di buon vicinato” con Kiev. Senza tutta questa serie di garanzie – alcune “già accolte” dalla Presidenza belga del Consiglio dell’Ue – Budapest non potrà dare il proprio sostegno al testo. Che è fondamentale per raggiungere l’unanimità necessaria a procedere.
Il dossier tornerà ora in cantiere a livello tecnico, con la speranza di poterlo ripresentare sul tavolo degli ambasciatori Ue già la prossima settimana e ottenere il semaforo verde. La data segnata sul calendario di Bruxelles per l’approvazione definitiva dei quadri negoziali si avvicina: il 25 giugno, quando si riunirà il prossimo Consigli Affari Generali, responsabile per la decisione (all’unanimità) sul via libera alle conferenze intergovernative con i candidati all’ingresso nell’Ue.
Come ammesso già al termine del vertice dei leader del 21 marzo dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la speranza di Bruxelles è riuscire a chiudere la questione sotto la presidenza belga. Perché, dal primo luglio, alla guida semestrale del Consiglio dell’Ue siederà proprio Budapest, che avrà la facoltà di definire calendari e temi in agenda delle riunioni dei ministri nelle diverse composizioni del Consiglio. E dunque, avrebbe gioco facile a rimandare il più possibile l’adozione dei quadri negoziali per l’adesione di Kiev. Ma c’è anche un’altra ragione per procedere con urgenza: per l’Ue è più che mai importante inviare un chiaro messaggio di incoraggiamento ai due candidati nel più ampio contesto dell’aggressione russa all’Ucraina.