Bruxelles – Lo scontro con le istituzioni dell’Ue è inevitabile, nessuno nel partito al potere Sogno Georgiano sta facendo nulla per arrestare l’escalation diplomatica. Tutto al contrario, l’iter legislativo sul progetto di ispirazione filo-russa sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ sta procedendo a tappe forzate e oggi (28 maggio) è arrivato all’approvazione finale. D’ora in poi non ci sono altri ostacoli, dal momento in cui il governo e la sua maggioranza parlamentare hanno superato anche l’ultimo: il veto della presidente della Repubblica, Salomé Zourabichvili. E ora non si può che aprire lo scontro diplomatico con Bruxelles, che inevitabilmente provocherà una frenata nel percorso di adesione della Georgia all’Unione Europea, almeno fino al 26 ottobre quando i cittadini andranno a votare la nuova composizione del Parlamento.
Perché dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato ieri (27 maggio) in commissione per gli Affari legali e oggi dall’intero Parlamento con 84 voti a favore. “È impossibile migliorare questa legge, nel suo intero contenuto è incostituzionale, anti-europea e anti-democratica“, ha attaccato la numero uno della Georgia motivando il suo veto.
National treason broadcasted to the rally. 84 in favor again. The Presidential veto on the Russian law has just been overridden. This is just the beginning – of their end. ✊ pic.twitter.com/tyry8Zh2DA
— Marika Mikiashvili (@Mikiashvili_M) May 28, 2024
La legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ era stata presentata lo scorso anno da Sogno Georgiano e messa in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Dopo settimane di altissima tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, e decine di migliaia di cittadini ad animare la più grande ondata di proteste dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 – ogni giorno ininterrottamente per due mesi – il partito al governo ha deciso di tirare dritto con la propria iniziativa legislativa prima del ritorno alle urne il 26 ottobre. E mostrando una disponibilità ad aumentare la portata della violenza messa in campo dalla polizia anti-sommossa e dagli agenti in passamontagna contro i manifestanti pacifici pro-Ue, che non hanno mai smesso di scendere a decine di migliaia in piazza ogni giorno.
Nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dal Consiglio Europeo, a Bruxelles non è più un segreto che l’entrata in vigore della legge di ispirazione filo-russa impedirebbe di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea, dal momento in cui gli stessi negoziati sono vincolati ai progressi sulle raccomandazioni della Commissione Europea sulla libertà della società civile e sulla lotta alla disinformazione. Non a caso l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine del Consiglio Affari Esteri di ieri ha reso noto che con i 27 governi “abbiamo iniziato a considerare le risposte più appropriate in caso la legge sia messa in atto a partire da giugno“, esortando ancora il governo guidato da Irakli Kobakhidze a “ritirare la legge”. Lo stesso messaggio è stato veicolato oggi a pochi minuti dall’approvazione della legge, ricordando che sono state ignorate le “dettagliate argomentazioni giuridiche della Commissione di Venezia che portavano a una chiara raccomandazione di abrogare questa legge”, ha aggiunto Borrell.
Non va però dimenticato che l’unità dei 27 Paesi membri (e di conseguenza dell’Unione) è bloccata dalle resistenze dell’Ungheria di Viktor Orbán e della Slovacchia di Robert Fico. Per la prima volta questo blocco si è dimostrato a metà mese, quando si sarebbe dovuta adottare una dichiarazione di tutti i 27 leader Ue per condannare inequivocabilmente la legge adottata dal Parlamento georgiano. E lo stallo – soprattutto con la costante minaccia del veto ungherese – dopo due settimane non è ancora crollato, come ha lasciato intendere tra le righe lo stesso Borrell: “Per alcuni la situazione non è così grave e seria, mentre altri la considerano un attentato contro le leggi e i valori dell’Ue”. Eppure l’alto rappresentante Ue è alla ricerca di una via d’uscita per mostrare l’unità e l’intransigenza dell’Unione nei confronti di una legge inaccettabile per un Paese che aspira a diventarne parte integrante: “Vorrei che i Paesi membri fossero pronti a prendere decisioni ogni volta che si verifica qualcosa che non corrisponde ai nostri valori, la legge internazionale e il percorso europeo, che sia in Georgia o ovunque nel mondo”.
Il complesso rapporto tra Ue e Georgia
Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.
Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.
In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.