Bruxelles – L’Indice di progresso sociale regionale dell’Ue, presentato oggi (23 maggio) dalla commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira, fotografa un’Europa spaccata in due. E non è una novità: da un lato le regioni del Nord, con Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia che ottengono punteggi elevati, dall’altro l’ex blocco sovietico e i Paesi affacciati sul Mediterraneo, in costante ritardo. Ingiurioso il risultato di Campania e Sicilia, rispettivamente al 207esimo e 214esimo posto su 236 regioni europee.
“Da tempo diciamo che il Pil è uno strumento utile per valutare i progressi delle regioni dell’Ue, ma non fornisce il quadro completo – ha dichiarato Ferreira -, l’Indice di progresso sociale ci permette di avere un quadro completo dello sviluppo regionale in Europa”. Un quadro che per l’Italia è una sentenza: guardando le medie nazionali, le regioni italiane sono più sviluppate solamente di quelle di Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Ungheria, Lituania, Romania e Slovacchia.
Per costruire l’indice la Commissione europea ha tenuto conto di 53 indicatori socio-economici e ambientali. Suddivisi in tre macro-dimensioni principali: bisogni di base, fondamenti del benessere e opportunità. Dall’indagine è emerso – a livello europeo – che circa il 60 per cento dei cittadini Ue vive in regioni che superano il punteggio medio di progresso sociale. Ma questa percentuale scende al 50 per cento se ci si concentra solo sui bisogni di base, come l’assistenza sanitaria, i servizi igienici e l’alloggio. Ma nelle regioni meno sviluppate, oltre l’80 per cento dei residenti vive in aree al di sotto della media Ue per quanto riguarda il progresso sociale in tutte le dimensioni, compreso l’indice generale.
Le cinque regioni che guidano il progresso sociale in Ue sono Helsinki-Uusima e Pohjois- ja Itä-Suomi in Finlandia, Midtjylland e Hovedstaden in Danimarca, Stoccolma in Svezia. A chiudere la classifica tre regioni bulgare (Severoiztochen, Severozapaden e Yugoiztochen) e due rumene (Sud-Muntenia e Nord-Est). Un altro dato interessante è che nella maggior parte degli Stati membri le regioni delle capitali hanno ottenuto risultati pari o superiori alle loro medie nazionali. Ad eccezione di quelle di Belgio, Grecia, Spagna, Francia e Italia.
La classifica tutta italiana è guidata dalle due provincie autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente 139esima e 151esima in Europa, mentre i fanalini di coda sono appunto Campania e Sicilia. Ma il quadro è se possibile ancora più drammatico se si considera soltanto la dimensione delle opportunità che le regioni offrono ai propri cittadini: a quel punto, oltre a Sicilia e Campania, rientrano nella fascia più bassa anche Puglia, Basilicata e Calabria, che totalizzano punteggi in linea con diverse regioni di Bulgaria, Romania, Ungheria, Croazia e Slovacchia.
A voler andare ancora più a fondo, la dimensione Opportunità è suddivisa ulteriormente in quattro categorie: Fiducia nelle istituzioni, libertà di scelta, inclusività sociale, educazione avanzata. Secondo quest’ultima, nei ‘cattivi’ rientrano quasi tutte le regioni italiane, fatta eccezione del Lazio e – parzialmente – della provincia autonoma di Trento. Se la formazione dei più giovani è il motore del progresso sociale, l’Italia è un gatto che si morde la coda.