Bruxelles – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che è legittimo vietare di indossare simboli religiosi visibili a scuola. Come il velo islamico. Così i giudici danno ragione al sistema educativo della Fiandre, in Belgio, e dichiarano irricevibile il ricorso presentato a Strasburgo da tre studentesse musulmane.
Una questione molto sentita nelle Fiandre, dove secondo l’annuario statistico del sistema educativo per l’anno accademico 2022-23, gli studenti di religione musulmana rappresentano circa il 17 per cento della popolazione scolastica fiamminga per il livello primario e circa il 22 per cento per il livello secondario. Dal 2009, per ottemperare al principio di neutralità previsto dalla Costituzione, il Consiglio per l’istruzione della Comunità fiamminga ha deciso di estendere il divieto di indossare simboli visibili del proprio credo in tutta la sua rete.
I genitori delle tre giovani, pur essendo a conoscenza del divieto nel momento dell’iscrizione delle figlie, nel 2017 hanno avviato un procedimento contro il Consiglio per l’istruzione, che è poi approdato alla Cedu. I ricorrenti hanno sostenuto che il divieto di portare il velo islamico violasse i loro diritti e le loro libertà garantiti dagli articoli 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione), 10 (libertà di espressione) della Convenzione e dall’articolo 2 del Protocollo n. 1 (diritto all’istruzione) della Convenzione, considerati singolarmente e in combinato disposto con l’articolo 14 (divieto di discriminazione).
Se i ricorsi per la violazione degli articoli 8, 10 e 14 della Convenzione e dell’articolo 2 del Protocollo n.1 sono stati giudicati irricevibili per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, per quanto riguarda la libertà di pensiero, di coscienza e di religione la Corte di Strasburgo ha stabilito che “il concetto di neutralità nel sistema educativo comunitario, inteso come divieto generale di indossare simboli visibili del proprio credo da parte degli alunni, non è di per sé contrario all’articolo 9 della Convenzione” europea sui diritti dell’uomo “e ai valori che ne sono alla base”, si legge nella sentenza.
Lo stesso concetto era stato messo nero su bianco dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea lo scorso novembre, pronunciandosi sul caso di una cittadina belga di fede musulmana a cui il Comune in cui è impiegata ha vietato di indossare il velo, in ragione di una politica di neutralità imposta a tutto il personale. Il divieto generalizzato, che si applica “indistintamente a tutti i simboli visibili” – e dunque anche, per esempio, al crocifisso cristiano o alla kippah ebraica – assicura che la norma sia “proporzionata agli obiettivi perseguiti, ossia alla tutela dei diritti e delle libertà altrui e dell’ordine pubblico“. In definitiva, che sia “necessaria in una società democratica”.