Bruxelles – In Italia, un cittadino su due è stato colpito da restrizioni di emergenza sull’acqua, soprattutto nel nord del Paese. Ed il 30 per cento degli abitanti dei Paesi dell’Europa meridionale vive in una condizione di stress idrico permanente. L’istantanea scattata dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) non fa altro che confermare la violenza con cui il cambiamento climatico sta già colpendo buona parte del vecchio continente. A partire dallo Stivale. Non solo siccità, ma anche inondazioni e un peggioramento della qualità dell’acqua.
Fenomeni che non sono certo nuovi, ma che negli ultimi anni sono aumentati di frequenza e di intensità. Tra il 1980 e il 2022, in 32 Paesi europei sono stati registrati 5.582 decessi legati alle inondazioni e 702 agli incendi. Il tasso di letalità di alluvioni e roghi aumenta perché aumentano le persone che vivono in aree potenzialmente soggette a tali fenomeni. Secondo il rapporto dell’Aea, attualmente circa 53 milioni di cittadini Ue – il 12 per cento della popolazione europea – vivono in aree a rischio di inondazioni fluviali. Un numero che è aumentato di 935 mila unità tra il 2011 e il 2021, “a dimostrazione del continuo sviluppo delle pianure alluvionali”.
Ancora più pervasiva la piaga della siccità: secondo l’Aea sono sempre di più le regioni europee sottoposte a uno stress idrico quasi permanente, e” non solo nel sud”. Nell’Europa meridionale, durante la stagione estiva, lo stress idrico interessa fino al 70 per cento dei cittadini. Negli ultimi cinquant’anni, complice anche l’aumento della popolazione, le risorse idriche rinnovabili pro capite sono precipitate del 24 per cento. A fare la sua parte è anche la riduzione della qualità dell’acqua, trainata dall’aumento della temperatura di aria e acqua che facilita la crescita di agenti patogeni, dagli eventi di pioggia intensa che “raddoppiano la probabilità di concentrazioni di agenti patogeni nocivi nei corpi idrici”, a causa del deflusso contaminato e degli scarichi fognari combinati, e dall’innalzamento del livello del mare che, nelle aree a bassa quota, provoca l’intrusione di acqua salata nelle falde acquifere sotterranee e superficiali.
L’inasprirsi dei cambiamenti climatici “aumenterà ulteriormente l’esposizione delle persone agli eventi atmosferici estremi, con gravi conseguenze per la salute”, mette in guardia l’Aea. Anziani, bambini, persone in cattive condizioni di salute, gruppi a basso reddito, agricoltori e squadre di emergenza sono le categorie più esposte agli impatti sulla salute a causa di inondazioni, siccità, incendi o malattie trasmesse dall’acqua.
L’allarme risuona forte per gli agricoltori, esposti ai rischi per la salute e il benessere associati alla siccità e alla carenza idrica anche da un punto di vista economico. L’Aea stima che le aziende agricole in Italia, Grecia, Portogallo, Francia meridionale e Spagna potrebbero subire perdite di un valore fino al 9 per cento in caso di un’ipotesi di 1°C delle temperature globali. Secondo questa proiezione, il valore dei terreni agricoli nelle regioni dell’Europa meridionale è destinato a diminuire di oltre l’80 per cento entro il 2100.
A rischiare più di tutti sono proprio gli agricoltori italiani: secondo l’agenzia Ue “la maggior parte della perdita di valore dei terreni nell’Ue potrebbe essere concentrata in Italia, dove i ricavi delle aziende agricole sono molto sensibili ai cambiamenti stagionali dei parametri climatici”. Una tendenza già evidente negli ultimi anni, quando la siccità e la scarsità d’acqua hanno portato a un calo del 45 per cento dei raccolti di mais e di mangimi e a una riduzione del 30 per cento della produzione di grano e riso.