Bruxelles – Non è nemmeno entrato in vigore, e già il Patto migrazione e asilo non basta più per oltre la metà dei Paesi membri Ue. E non è detto che la quota non sia destinata a crescere nel corso della prossima legislatura europea, considerata la crescente tendenza dei Ventisette a spingere verso una politica migratoria sempre più restrittiva nei confronti delle persone in arrivo sul territorio dell’Unione. “Le attuali sfide relative al sistema di asilo e migrazione dell’Ue, compreso il forte aumento degli arrivi irregolari, sono insostenibili”, è quanto mettono nero su bianco 15 governi Ue – Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania – in una lettera congiunta dei ministri competenti indirizzata ai servizi della Commissione Europea e alla sua responsabile per gli Affari interni, Ylva Johansson, per chiedere di sviluppare “nuove soluzioni per affrontare la migrazione irregolare in Europa”.
A meno di un mese dalle elezioni europee che daranno una prima indicazione sulle tendenze dell’elettorato su questa materia, la base di partenza della lettera inviata ieri (15 maggio) dai 15 ministri è il sostegno alla “stabilità e coesione sociale, evitando di rischiare la polarizzazione delle società europee e la perdita di unità nella famiglia degli Stati membri dell’Ue”. Nessun riferimento ai diritti delle persone migranti in arrivo – se non un generico riferimento al fatto che “la continua sfida di far fronte alle conseguenze della migrazione irregolare verso l’Europa ostacola la nostra capacità di fornire una migliore protezione e mezzi di sussistenza a un maggior numero di rifugiati” – in linea con il cambio di narrativa che ha permeato anche la Commissione von der Leyen nell’arco di meno di una legislatura. Il messaggio-chiave di questo slittamento verso una politica migratoria sempre più restrittiva è facilmente identificabile nella richiesta di “spostare la nostra attenzione dalla gestione della migrazione irregolare in Europa al sostegno ai rifugiati e alle comunità ospitanti nelle regioni di origine“.
La prima citazione del nuovo Patto migrazione e asilo – su cui ora si dovrà iniziare a lavorare sia a Bruxelles sia nelle 27 capitali (fatta eccezione per la Danimarca che possiede una clausola di opt-out sugli Affari interni, cioè un’opzione di non-partecipazione) per la sua implementazione – riguarda il quadro giuridico “più solido” anche per “rafforzare la sicurezza delle nostre frontiere esterne e creare procedure di asilo più efficienti”. Ma tutta l’attenzione è focalizzata sugli “sforzi complementari” che, con un espediente retorico già utilizzato dal governo Meloni, richiedono anche alla Commissione Ue di “pensare fuori dagli schemi” per “identificare, elaborare e proporre nuovi modi e soluzioni per prevenire la migrazione irregolare in Europa”. Con un’indicazione piuttosto chiara al prossimo esecutivo Ue: “Se necessario, la Commissione è invitata a proporre le modifiche legislative mirate necessarie per attuare le misure proposte nel diritto dell’Unione”.
A proposito delle proposte di tutti i Paesi Baltici, i Med5 (senza la Spagna), quasi tutta l’Europa orientale (tranne Ungheria e Slovacchia che hanno posizioni ancora più dure), nordici e Paesi Bassi (il cui nuovo accordo di governo richiede un opt-out per la politica comune di migrazione e asilo), prima di tutto si evidenzia la necessità di “partenariati globali, reciprocamente vantaggiosi e duraturi con i principali Paesi partner lungo le rotte migratorie“. I modelli di ispirazione sono la dichiarazione Ue-Turchia del 2016 e il memorandum d’intesa Ue-Tunisia del luglio 2023, ma viene proposta anche l’esplorazione di “possibili accordi sul luogo di sicurezza e meccanismi di transito ispirati ai meccanismi esistenti” per portare le persone migranti salvate in mare “in un Paese partner al di fuori dell’Ue”. In questo caso le “soluzioni durature” da ricercare si potrebbero basare anche su “modelli come il Protocollo Italia-Albania” siglato dai rispettivi premier, Giorgia Meloni e Edi Rama, il 6 novembre 2023 e già diventato un paradigma in mezza Unione.
Tra le altre misure proposte c’è il rafforzamento degli “aspetti interni ed esterni” del rimpatrio “di coloro che non necessitano di protezione internazionale”, incluso l’esame della “potenziale cooperazione con i Paesi terzi sui meccanismi di hub di rimpatrio, dove i rimpatriati potrebbero essere trasferiti in attesa del loro allontanamento definitivo”. Su questo aspetto specifico l’esortazione dei 15 ministri alla Commissione e agli altri colleghi è non solo quella di “esplorare potenziali modelli all’interno dell’attuale acquis dell’Ue”, ma soprattutto di considerare “l’eventuale necessità di modificare la direttiva sui rimpatri”, uno dei due file legislativi del Patto rimasti inconclusi. A ciò si aggiunge una stretta alla politica dei visti, “poiché molte domande di asilo nell’Ue sono presentate da persone provenienti da Paesi esenti da visto o da persone con un visto Schengen”, e anche un maggiore rafforzamento del nuovo quadro giuridico sulla strumentalizzazione della migrazione con “strumenti e misure adeguati ed efficaci affinché gli Stati membri possano agire rapidamente” come nel caso degli “attacchi ibridi orchestrati di recente dai regimi bielorusso e russo”.
Di particolare rilievo nella permeante ottica di esternalizzazione della gestione della migrazione è infine la spinta al “trasferire i richiedenti asilo per i quali è disponibile un’alternativa sicura in un Paese terzo“, come già sta valutando il Partito Popolare Europeo (Ppe) dell’attuale presidente della Commissione Europea e Spitzenkandidatin alle europee di giugno, Ursula von der Leyen, in modo inquietante per le similitudini con il contestassimo ‘modello Rwanda’ del Regno Unito. La Commissione è invitata a presentare una proposta per designare un elenco di Paesi terzi “sicuri” a livello Ue, “come previsto dal nuovo Regolamento sulle procedure di asilo” del Patto migrazione e asilo: in questo contesto dovrebbero essere rivalutati sia l’applicazione del concetto di Paese terzo “sicuro” nel diritto d’asilo dell’Unione per adottare misure “concrete e immediate”, sia i criteri di collegamento “durante la prevista revisione nel 2025”.
Nel corso del punto quotidiano con la stampa a Bruxelles di oggi (16 maggio) la portavoce della Commissione Ue responsabile per gli Affari interni e la migrazione, Anitta Hipper, ha confermato che i servizi del Berlaymont hanno ricevuto la lettera firmata dai 15 Paesi membri Ue: “Abbiamo bisogno di tempo per studiarla, è un testo complesso e ricco di elementi“. Ma nel frattempo l’attenzione dell’esecutivo Ue è rivolta principalmente “all’attuazione del Patto migrazione e asilo”, con la presentazione del piano di attuazione comune in programma per il prossimo 12 giugno, come emerge dall’ultima versione dell’agenda dei punti previsti al Collegio dei commissari.