Bruxelles – In una serie di dati che mostrano lievi progressi, ce n’è uno in controtendenza che non può che far scattare l’allarme: nel 2023 più della metà delle persone Lgbtqi+ in Europea sono state vittime di molestie motivate dall’odio, nel 2019 erano una su tre. È quanto emerge dal rapporto dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali (Fra), che si è avvalso del contributo di oltre 100.000 intervistati in 30 Paesi europei.
A pochi giorni dal 17 maggio, Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, e dalla parata del Pride a Bruxelles, che si terrà sabato 18, il sondaggio dell’Agenzia Ue è una doccia fredda per quanti fossero convinti che il progetto europeo avesse ormai superato le discriminazioni contro le minoranze di genere. O quanto meno, una presa di coscienza che non tutti i muri sono stati abbattuti. Perché oltre un terzo delle persone Lgbtqi+ in Europa subisce ancora discriminazioni nella vita quotidiana. In leggero calo rispetto al 42 per cento del 2019, ma troppo poco.
Per di più, il 19 per cento degli intervistati – quasi uno su cinque – continua a subire discriminazioni in ambito lavorativo, l’unico settore veramente protetto dalla legislazione dell’Ue. Pratiche discriminatorie continuano anche in altri settori della società: nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria, nella ricerca abitativa e nella vita sociale, ambiti in cui la legge europea in vigore non offre tutele particolari per la comunità Lgbtqi+.
Ancora più inquietante è l’invisibilità in cui continua a muoversi la discriminazione, poiché solo l’11 per cento delle vittime ha denunciato gli incidenti a un organismo ufficiale. Nonostante il 60 per cento fosse a conoscenza dell’esistenza di almeno un organismo di parità nel proprio Paese. La ragione è tanto semplice quanto disarmante: quasi la metà di chi non ha denunciato gli episodi di discriminazione sostiene di non averlo fatto perché non sarebbe successo nulla, mentre il 37 per cento ha dichiarato che “succede sempre e non vale la pena denunciare”.
Purtroppo l’intolleranza verso le minoranze di genere in Ue si manifesta anche in pratiche violente. Il 14 per cento delle persone Lgbtqi+ è stato aggredito nei 5 anni precedenti l’indagine, e il dato relativo al solo 2023 è in linea con quello del 2019 (5 per cento). Più della metà degli intervistati (54 per cento) ha subito almeno un episodio di molestie nei 12 mesi precedenti l’indagine, come situazioni offensive o minacciose – compresi episodi di natura sessuale – sul lavoro, per strada, sui mezzi di trasporto pubblico, in un negozio, su internet o in qualsiasi altro luogo. Con il risultato che una persona Lgbtq+ su due evita “spesso o sempre” di tenersi per mano con il/la proprio/a partner nei luoghi pubblici.
Il pattern è sempre lo stesso: meno di una vittima su cinque (18 per cento) ha dichiarato di aver denunciato alla polizia o a un’organizzazione l’ultima aggressione fisica o sessuale subita. Qui il tema diventa però ancora più spinoso. Non è tanto la rassegnazione a indurre le persone Lgbtqi+ a non denunciare atti di violenza: una vittima su tre (34 per cento) ha dichiarato di non averlo fatto perché non si fidava della polizia o perché temeva di essere vittima di omofobia.
“Essere apertamente Lgbtqi+ in Europa non dovrebbe essere una lotta. Anche se vediamo segni di progresso, il bullismo, le molestie e la violenza rimangono minacce costanti. È tempo di agire con decisione e di costruire sui progressi compiuti, in modo che tutti nell’Ue siano trattati in modo equo e possano vivere con dignità e rispetto”, ha commentato la direttrice del Fra, Sirpa Rautio. Agire già nel periodo scolastico, dove un’ampia percentuale di intervistati (tra il 60 e il 70 per cento per tutte le fasce d’età) afferma di aver subito atti di bullismo, scherno, prese in giro, insulti o minacce a causa della propria identità Lgbtqi+. In aumento rispetto al 46 per cento del 2019, nonostante sia diminuita la quota di persone che sostengono che la propria istituzione scolastica non affronta mai le tematiche di genere in classe (35 per cento nel 2023, 47 per cento nel 2019).
Anche la Commissione europea celebrerà, con varie iniziative, la giornata del 17 maggio. Věra Jourová, vicepresidente responsabile per i valori e la trasparenza, spiega che “la lotta contro la discriminazione e la promozione di un’Unione di uguaglianza sono uno sforzo continuo. Molto è stato fatto da quando, il 17 maggio 1990, l’Organizzazione mondiale della sanità ha eliminato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Ma non dobbiamo abbassare la guardia e continuare a lavorare, affinché nessuno si senta minacciato per ciò che è o per ciò che ama”.